Un lungo viaggio, partendo da Cerignola, in Puglia, passando dagli Stati Uniti, a San Francisco e poi di nuovo a Roma, per fermarsi definitivamente. L’esperienza americana, tra una laurea in Culinary Arts e numerosi stage presso rinomati ristoranti, l’hanno forgiata, dandole disciplina e tecnica. Ma è proprio nella capitale italiana, nel cuore di Trastevere, che diventa chef di Glass Hostaria, e il grande successo che ne deriva dalla sua piena libertà di idea di cucina, la porta ad essere una delle chef più rinomate nel panorama internazionale. Cristina Bowerman si racconta a Gilt Magazine.
Dopo la laurea in giurisprudenza, parte per gli Stati Uniti dove segue un corso di graphic design che le fa riscoprire la passione per la cucina e che la porta a laurearsi in Culinary Arts. Come ha maturato che gli studi di Legge non sarebbero stati l’unico percorso per lei?
La mia vena creativa è stata sempre vivace, e durante quegli anni ho realizzato che potevo esprimere appieno la mia creatività tramite la cucina anziché davanti allo schermo di un computer. Questo cambiamento è stato graduale, passando dal disegno alla passione per la cucina, e mi ha condotto fino al punto in cui mi trovo oggi.
Lei sta diventando portavoce della lotta dell’empowerment femminile e vuole far emergere un ruolo paritario della donna nell’alta cucina, per tradizione un ambiente maschile. Qual è la percezione che sta riscontrando di questa problematica? La cucina riflette la nostra società?
La discriminazione c’è ed è evidente. Nel Global Gender Gap Report stilato ogni anno dal World Economic Forum l’Italia è solo al 79esimo posto, un dato preoccupante. Nei campi professionali si nota tanto: deve cambiare la cultura, si deve partire dalle scuole. Anche se cambiare un modus pensandi è un percorso lungo e tortuoso, mi piacerebbe essere portavoce di questo percorso di cambiamento che magari un giorno riuscirà a smantellare del tutto questa cultura così maschilista. Nelle nuove generazioni c’è un’apertura mentale più ampia, ma la strada è ancora lunga e, purtroppo, al giorno d’oggi in una rosa di nomi per un posto dirigenziale persiste l’abitudine ad avere candidati prevalentemente uomini. Quindi, avere dei role model femminili per le bambine che vogliono intraprendere questo genere di carriera è di grande ispirazione e importanza.
Lo chef Manifesto, iniziativa a cui ha aderito, si pone degli obiettivi importanti da raggiungere entro il 2030. Ad oggi pensa che si sia sulla buona strada?
Questa iniziativa fornisce agli chef un quadro legato agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, per sostenere la biodiversità e la sostenibilità in cucina. Il 2023 è stato l’anno del miglio: si è voluto dare una grande attenzione ai legumi, protagonisti tanto come alimento tradizionale nella dieta mediterranea, quanto come alternativa agli allevamenti intensivi (sono in grado di rigenerare il suolo).
“Non andate al ristorante tutti i giorni!” esorta “andare al ristorante deve essere un’esperienza e non un’abitudine. Se il menù costa 15 euro tutto incluso, come è possibile che gli alimenti siano prodotti in modo etico? È incredibile che il caporalato sia ancora un problema in Italia. Anche l’immagine che si può dare a un ipotetico turista della nostra cucina che mangia una cacio e pepe scotta e pensa che in Italia si mangia così è triste. Inoltre, è impossibile pensare di cambiare la cucina italo americana dove si usano, a volte impropriamente, i nomi dei nostri prodotti. Ad oggi servono incentivi, e non obblighi, per passare a una cucina sostenibile e plastic free: la cultura è la nostra unica arma.
Quale ingrediente non può mancare in cucina?
“Viviamo in un’era dove tutto è ormai preconfezionato e precucinato. Secondo me, le cose che non devono mai mancare in una cucina sono le materie prime di qualità, come l’olio d’oliva.” Utilizzo solo olio di origine naturale e controllata. E poi non devono mai mancare componenti nuovi, che aiutano a spaziare con la fantasia e a deliziare il palato con qualcosa di inedito. E, infine, qualche sapore che ti emoziona, che ti ricorda qualcosa del tuo passato o di un viaggio o di una sensazione. Dopo un viaggio a Manila, per esempio, ho portato a casa le uova di granchio, un ingrediente tipico del posto, che qui in Italia, sicuramente ti toglie dalla tua zona di comfort, ma è quell’ingrediente in più che può fare la differenza sia a livello creativo, che a livello sensazionale e perché no, anche a livello umano e relazionale.”
Quali sono i tratti che la definiscono ancora oggi “controcorrente” in cucina e nella vita?
Gli altri mi definiscono “controcorrente” perché a me non interessa il giudizio della gente, ho i capelli rosa e non mi interessa seguire le mode. Io sono libera, voglio dare valore alla mia unicità. Il percorso variegato di esperienze che ho vissuto mi dà anche questa grande voglia di navigare controvento.