Ci sono progetti utilizzati per arredare; altri usati come utensili per cucinare, per lavorare; altri ancora per essere osservati. E poi ci sono i progetti di Francesca Lanzavecchia, la cui funzionalità d’uso è racchiusa nel termine “emozionale”; proprio così, gli oggetti della designer sono oggetti che hanno un’anima, che suscitano una sensazione, che seducono…
Laureatasi al Politecnico di Milano, la Lanzavecchia ha conseguito un master (con la tesi “ProAesthetics”) alla Design Academy di Eindhoven e oggi collabora con lo studio Wai, con base tra Pavia e Singapore; anche Gilt Magazine si è lasciato “sedurre” da Francesca Lanzavecchia è ha deciso di intervistarla.
Chi è Francesca Lanzavecchia?
Francesca è prima di tutto una sognatrice che ama le persone, i loro comportamenti, e cerca in qualche modo di coccolarle.
Com’è nata la passione per il design?
Sin da piccola mi piaceva collezionare oggetti. Crescendo, il design divenne il modo per esprimere una necessità di creare per gli altri. È stata una scelta naturale, che faceva già parte di me.
Come descrive i suoi progetti?
Sono progetti caratterizzati da una forte componente emotiva a tattile, dovuta alla scelta del materiale o alla sua funzionalità. Mi piace pensare agli oggetti come a delle continuazioni delle parti del corpo. Ogni progetto è un viaggio a se stante, non si sa mai il risultato finale.
PROAESTHETICS è un progetto forte, in cui si unisce funzionalità ed estetica. Com’è nato?
La mia è una famiglia di medici e io nel mio percorso di vita ho sempre rifiutato di intraprendere la strada della medicina. Mi ha sempre colpita la disumanizzazione dei corpi e la fragilità umana, il fatto stesso che la percezione della disabilità fosse esaltata dagli stessi oggetti che la definiscono. Così ho pensato alla bellezza funzionale, realizzando una quarantina di oggetti che rispondevano alle esigenze espresse dalle interviste fatte a chi li deve indossare quotidianamente: il busto lingerie per la ragazza che si vergogna a spogliarsi davanti al proprio ragazzo con il busto ortopedico, oppure il bastone con vassoio per far sì che mia nonna potesse continuare a portare il caffè al nonno..
In un’intervista ha dichiarato di creare oggetti sensuali ed intimi. Come può un oggetto, che è comunque inanimato, definirsi sensuale ed intimo?
Il tatto, lo stuzzicare l’occhio, permettono all’oggetto di diventare attraente. Il mio lavoro si basa sulla ricerca di materiali, come le pelli in lycra elastica. Cerco di creare anche un interazione coi materiali e tra l’uomo e l’oggetto.
Cosa la ispira per la realizzazione dei suoi progetti?
Sono una viaggiatrice, quindi mi lascio ispirare dai miei viaggi in primis. Poi l’arte, la letteratura, il fashion…mentre altri sono progetti che vengono richiesti.
Pensa che ci sia un connubio con la moda?
Penso che ci sia una forte relazione tra Moda e Design, come c’è anche tra Arte e Design.
A quale corrente artistica pensa di appartenere?
Penso di potermi definire “massimalista”, non credo di avere dei limiti, non mi piace definirmi, perché potrei essere tante correnti differenti. Quello che per me conta è l’Emotional Design.
La tendenza nel design del momento?
Spero la tendenza alla frammentazione, cioè guardare a ciò che è davvero fondamentale.
Progetti per il futuro?
Quello che posso dire (ride ndr.), una mostra a Singapore e una a Washington e il lancio di prodotti industriali.
(di Paola Vaira)