Tre elementi hanno caratterizzato la sfilata di Bottega Veneta: l’allestimento della location con 60 morbidi animali ispirati alla poltrona Sacco di Zanotta, la front row con le star più in del momento: Jacob Elordi, Asap Rocky, Julianne Moore, Kendall Jenner (per dirne alcune), e soprattutto i capi perfettamente coerenti con l’heritage del marchio e che guardano al futuro.
Ogni collezione firmata Blazy riesce a reinventarsi pur rimanendo in linea con la contemporaneità. Batilla si è espresso in modo estremamente puntuale, comparando questa collezione all’immaginario disimpegnato borghese anni ’80 che portava la moda italiana a Wall Street e a Canary Wharf insieme ad Armani.
Eppure, c’è del revisionismo storico in questo lavoro magistrale. “Il poeta è quel fanciullino presente in un cantuccio dell’anima”, diceva Pascoli; e il bambino che c’è in noi arriva alla verità non attraverso il ragionamento bensì in modo intuitivo e irrazionale. Blazy ha capito che l’unico modo per andare avanti è tornare indietro: redimersi è attraversare continue fasi di negazione hegeliana per evolvere. Blazy dice: “…il potere della sincerità, della giocosità e della goffaggine chic, di personaggi che scoprono chi sono attraverso l’abbigliamento e gli accessori, ricordandosi di chi erano una volta- un rito di passaggio per diventare qualcos’altro”. La creatività è questo: riuscire ad escogitare un nuovo modo per vedere una giacca troppo grande, che si trasforma in camicia, copricapi di frange variopinte, nappe di seta su gonne che sembrano pantaloni e viceversa.
Lo aveva anticipato già nelle passate collezioni con i pantaloni in pelle stampata effetto denim: metamorfosi di un elemento che cambia la sua forma ma rimane, in potenza, gioco meraviglioso dove si abbattono i muri, le convenzioni, con così tanta grazia e stupore da essere una palla da demolizione fatta di girasoli di stoffa: è il potere della dolcezza.