“We can be heroes, just for one day”; Siamo al Palais de Tokyo, e le parole del Duca Bianco ci galvanizzano in uno spazio tetro. “Heroes, resistance, win, win, win” è la discrezione sintetica che ci dà Michèle Lamy, fedele compagna di Rick Owens.
Chi sono gli uomini di Concordia che ci vuole raccontare Rick Owens? Parliamo di una storia vorticosa di un paese in provincia di Modena dove il designer si reca da vent’anni per produrre i suoi capi. Attraverso gli abiti ci ha già raccontato la sua città natale, Porterville, e anche in questo caso si percepisce che lo storytelling è forte, gli abiti trasudano un intreccio di soggiorni in alberghi bolognesi, dormite nel suo ufficio e nell’Hotel Concordia “in una camera da serial killer”, e poi nel suo attuale appartamento dall’altro lato della strada. Vent’anni di sacrifici nel modo meno melenso possibile e più fiducioso che mai.
Creatività
Le visioni di Rick Owens sono paradossalmente un porto sicuro che offre sempre sensazioni nuove da ascoltare, vedere, empatizzare. Rick Owens ha un sacco di cose da dire. Rick Owens vuole la rivoluzione.
Il senso della sopravvivenza di noi umani infrange totalmente l’entelechia aristotelica e ci fa rimanere nello stato di potenza indossando jeans larghi e svasati realizzati con strati di foglia di bronzo e cera pressati creando una superficie incrostata, nella collaborazione con Bonotto, che fornisce la materia per cappotti tagliati come dice lui “alla Dracula” e cappe chiuse. Siamo dentro e fuori con i long Johns in jersey di lana e viscosa; Matisse Di Maggio disegna i top e le felpe col cappuccio in gomma naturale; gli stivali e le gonne intrecciati sono frutto dell’estro di Victor Clavelly.
Forse sarà anche una cultura cristiana che ci dà così tanta speranza, eppure siamo eroi, davvero, anche solo per un giorno.
