Jonathan Anderson ha un dono raro: trasformare i vestiti in narrazione, la moda in arte e il passato in una lente con cui osservare il futuro. Per la collezione Loewe Autunno/Inverno 2025-26, presentata durante la Paris Fashion Week, il designer ha deciso di fare qualcosa di diverso, di più intimo, di più evocativo. Niente passerella spettacolare, nessun effetto scenico esasperato: la collezione è stata esposta come si esporrebbe un’opera d’arte, tra le stanze barocche dell’Hôtel de Maisons, nel cuore del settimo arrondissement di Parigi.
Non una sfilata, ma un viaggio tra idee, ispirazioni e ricordi, un album di suggestioni che attinge dalla storia della maison e dal dialogo con l’arte contemporanea. Camminando tra le stanze, gli ospiti hanno potuto immergersi nell’universo creativo di Anderson: frammenti di vecchie campagne pubblicitarie, installazioni scenografiche delle collezioni passate, pezzi iconici della collezione d’arte di Loewe. Accanto a queste reliquie visive, gli abiti della nuova stagione, disposti con la cura di un curatore museale, pronti a essere osservati, toccati, vissuti.
L’arte come musa: un omaggio ai coniugi Albers
Nel cuore della collezione c’è un tributo all’arte moderna e all’artigianato d’autore. Anderson si è lasciato ispirare dai lavori di Josef e Anni Albers, pionieri del modernismo e maestri della fusione tra arte e design. I quadrati annidati e le geometrie ipnotiche di Josef prendono vita su borse iconiche come la Puzzle Bag, la Flamenco e l’Amazon, mentre le trame tessili di Anni si trasformano in capispalla avvolgenti, dove texture audaci e colori vibranti diventano protagonisti assoluti.
Ma non si tratta di una semplice celebrazione visiva: il vero tributo agli Albers sta nell’approccio stesso di Anderson, che gioca con forme, proporzioni e materiali, creando una collezione che si muove tra moda e scultura, tra realtà e illusione.
Un guardaroba che sfida la percezione
Se c’è una cosa che Jonathan Anderson sa fare bene, è ribaltare le aspettative. Quello che sembra un cappotto classico, a un esame più attento, si rivela un ibrido di tessuti e lavorazioni. Un anello impreziosito da gemme si ingrandisce fino a diventare un top, mentre gonne, maglie e giacche si fondono in silhouette fluide e imprevedibili. Le grandi proporzioni e le texture inaspettate sono il filo conduttore di una collezione che gioca con la percezione: tweed liquefatto in frange metalliche, abiti in organza ricamati con perline rigide che sfidano la trasparenza, capispalla in pelle drappeggiata che invitano a guardare dentro il capo, come a cercare il vero significato della moda.
E poi ci sono gli accessori: borsette oversize, scarpe trasformate in oggetti surreali, gioielli scultorei che sembrano presi in prestito da una galleria d’arte. La sneaker Ballet Runner 2.0 si veste di montone per affrontare l’inverno, mentre le mule Toy diventano tele per intricate applicazioni di perline.
Moda o arte? La fusione definitiva
In un’epoca in cui il concetto di lusso si sta ridefinendo, Anderson ci ricorda che anche i capi più semplici possono essere opere d’arte. La sua scelta di presentare la collezione sotto forma di esposizione, piuttosto che con una tradizionale sfilata, è un segnale chiaro: la moda non è solo da guardare, è da vivere, toccare, sperimentare.
In un angolo della mostra, un tavolo con tecniche di lavorazione a maglia invitava gli ospiti a toccare i tessuti, a immergersi nel processo creativo. Perché il vero lusso, oggi, non è solo possedere un capo esclusivo, ma comprenderne il valore, la storia, il pensiero dietro ogni dettaglio.
Forse è questa la vera rivoluzione di Loewe: rendere l’ordinario straordinario, trasformare il guardaroba in un album di ricordi da sfogliare, reinventare e custodire.