DCA – quando le emozioni diventano cibo

 

Il cibo è da sempre veicolo non solo di nutrimento, ma anche di affetto, amore, attenzioni. Mangiare non significa solo soddisfare la sensazione fisica e fisiologica della fame. Spesso mangiamo per “soddisfare” le nostre emozioni. Quando mangiamo, infatti, appaghiamo non solo lo stomaco e il nostro palato, ma spesso anche le nostre emozioni. Il pericolo si insinua nel momento in cui il cibo diventa l’unica valvola di sfogo dei nostri stati d’animo: ecco che il cibo viene usato in maniera consolatoria, come premio, come punizione, come cuscinetto, come strumento di potere all’interno delle dinamiche familiari.

Nel caso dei binge eaters, gli “abbuffatori”, le emozioni negative, in particolar modo, derivanti da difficoltà relazionali, problemi di coppia, insoddisfazione per se stessi, senso di fallimento difficili da tollerare, mettono nelle condizioni di utilizzare il cibo per placarle, portando a confondere la fame fisiologica dalla sensazione della fame, che nasconde sempre un’emozione su cui non ci si vuole soffermare consapevolmente. Ecco allora che il cibo ci permette di evitare le emozioni che non riusciamo a tollerare.

Il Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) può essere letto come un tentativo di cura di sé, per sviluppare attraverso il controllo del corpo un senso di individualità e di efficacia interpersonale, come una difesa da un tumulo emozionale che potrebbe essere o apparire intollerabile, come modalità di gestire l’esperienza di non accudimento, di confusione dei ruoli familiari, come tentativo di separazione, di realizzazione di un’identità minacciata da un altro che non lascia essere quel che si è. Il dolore, non potendo essere affrontato, espresso, viene negato in una continua coazione dove il cibo sostituisce l’altro ed il corpo satura lo spazio.

In Italia la frequenza e il tipo di questi disturbi è cambiata. Sono in aumento disturbi complessi da classificare poiché mancano di alcuni degli elementi che portano normalmente alla diagnosi di DCA, dando origine a condizioni patologiche insidiose perché si confondono con le mode culturali salutiste e di fitness.

 

Dott.ssa Noemi Lucrezia Pepe
Psicologa, PhD

 

Lascia un commento

Your email address will not be published.