NU Hotel – 4 stelle per l’Art Hotel meneghino

 

Un tempio del design urbano nella zona milanese ormai nota per il suo fervore architettonico e genio creativo, Lambrate. Il NU Hotel è un albergo a quattro stelle sui generis. Nato nell’aprile 2012 per volere dell’imprenditore Massimo Gao, della palazzina che occupa ha tenuto solo le mura. Le soluzioni innovative e studiate nei minimi dettagli degli architetti Nisi Magnoni e Sabrina Gallini hanno fatto tutto il resto.

Dai letti sospesi, agli armadi senza ante, alle diverse planimetrie degli spazi e delle poltrone in pelle è tutto un progetto artistico, tecnologico che conduce l’ospite in un percorso di stile e comfort studiato su misura.

I contrasti dei materiali lasciano senza fiato. Pelli, legni carbonizzati dall’effetto vivo, il ferro nudo e crudo e il cemento delle pareti contrastano ma allo stesso tempo sono perfettamente in sintonia con il candore e la setosità dei tessuti di arredo delle camere. 38, di cui una suite e una junior suite, raggiungibili da 8 corridoi. Ognuna è diversa per forma, dimensioni, taglio e contrasti materici. I letti sospesi sono sormontati dalle lampade macro Sonora di Vico Magistretti e il guardaroba a vista riduce all’osso l’idea di contenitore. Le finestre enormi poi fanno sì che la luce naturale inondi gran parte del soggiorno le stanze. 48 sono invece le tappezzerie che per toni e fantasie caratterizzano lo stile interno degli spazi e gli effetti che creano donano sensazioni emotive agli ospiti e raccontano una loro storia, partendo dalla personalità di ognuno.

Tra l’industriale, il recupero dei materiali grezzi e la precisione tipica della filosofia zen giapponese, che a Milano, si sa, va molto di moda. Non è un caso che la famiglia Gao abbia proprio iniziato dodici anni fa con l’apertura di ristoranti giapponesi di tutto punto, divenendo precursore di uno stile che si fonda sul connubio di design made in Italy e cultura gastronomica nipponica.

Occhiello dell’hotel è infatti il suo ristorante, il NU Italian Restaurant,  che domina sulla terrazza al sesto piano. Una goccia di vetro, ecco cosa sembra. Le sei pareti di vetro molto alte lo rendono suggestivo e molto contemporaneo. L’acciaio è il materiale scelto per lampade e complementi d’arredo che danno quella sensazione rude, poco ostentata dei classici ristoranti di lusso. Eppure il lusso qui si tocca e si gusta in ogni sua parte, accomodati ai tavoli in foglia d’oro zecchino su sedie color sabbia.

Il menù è tutta giocato sul contemporary food, proponendo una cucina italiana rivisitata in chiave urbana e attuale e inserendo influenze internazionali per coccolare la grande clientela estera che qui ama soggiornare. Capo chef è una donna: Tonia Reder, dalle origini campane e dalla formazione oltre confine. A dominare sono i sapori mediterranei coniugati con cibi e profumi di tutto il mondo. Il valore aggiunto è dato dalle spezie che creano salse di contorno sublimi al palato (dalle glasse agrumate, a quelle allo zafferano, alle creme di basilico e menta).

Topico e personale è anche il momento mattutino del breakfast, qui proposto in due vesti: energetica o leggera. La prima con alimenti ad alto contenuto energetico e proteico, non dimentica l’equilibrio e la naturalità degli alimenti e presenta pappa reale, pepite di Grana Padano e mieli, muffin e the al ginseng, scaglie di cioccolato fondente, papaya, fragole e altra tanta frutta di stagione. La versione light invece è incentrata sulla frutta e gli alimenti biologici, ma non rinuncia al gusto. Torta di kamut all’arancia, frutta, formaggi e yoghurt bio, frullati e centrifughe fresche imbandiscono le tavole “più leggere”.

L’ispirazione così è chiara e la volontà è di dettare legge anche nel settore alberghiero, proponendo una soluzione che non è mai uguale a se stessa e che non propone alcun oggetto o spazio seriale e uguale ad altri. Il cliente deve essere unico, come lo spazio che lo circonda.

Una rottura di schemi, non solo metaforica. Da provare a vivere…

 

(di Azzurra Zaglio)

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