Luigi Lo Cascio si racconta a Gilt

Al San Marino Film Festival abbiamo incontrato Luigi Lo Cascio, attore italiano di teatro e cinema, che alla kermesse ha partecipato con La città ideale, film che segna il suo esordio alla regia,  presentato alla 69ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nato come attore di teatro Lo Cascio approda al cinema interpretando Peppino Impastato ne I cento Passi, ruolo per il quale nel 2000 vince il David di Donatello come migliore attore protagonista. A noi racconta cosa lo spinge a passare dietro la macchina da presa, non tralasciando di menzionare il suo grande debutto cinematografico e i suoi progetti per il futuro.

 

Siamo qui al San Marino Film Festival con Luigi Lo Cascio che debutta alla regia con il suo film La città ideale, innanzitutto volevo chiederti le impressioni su questo festival?

Sono arrivato qualche ora fa però mi sono subito immerso in questa atmosfera gioiosa, ci sono persone molto partecipi. È chiaramente un festival per appassionati, perché si passa dalla grande tradizione al film invece sconosciuto o che fa fatica ad essere distribuito nelle sale, quindi è proprio per gente a cui piace il cinema. È molto interessante già sentire i racconti delle cose che sono successe, la presenza di Rosi, Turturro, ed è la possibilità anche per me di riuscire a vedere un film che è difficile trovare nelle sale.

 

Come sei arrivato a questo primo ciak? Cosa ti ha spinto a voler passare dietro la macchina da presa?

È stata un’esperienza appassionante, nessuno mi aveva chiesto di farlo, né io l’avevo chiesto a me stesso, né mai l’avevo avuto come una chimera, come un miraggio, il fatto di diventare regista. È semplicemente il fatto che avevo già scritto per il teatro e stavolta questa è la storia che “mi è venuta a visitare”: perché un po’ vengono da fuori, chi scrive lo sa, è difficile che una persona stia degli anni a scrivere qualcosa perché a tavolino decide un tema, ci deve essere una cosa che ti sorprende.

Può essere un’esperienza, un libro che hai letto, il racconto di un amico, un sogno che hai fatto, e che ti sembra interessante, ti suggestiona e ti obbliga a interessartene. Quindi è successo questo, che questa storia mi ha appassionato, mi ha costretto, dall’inizio, da un foglio bianco, a scrivere la prima sillaba e ad andare avanti fino al film montato e distribuito nelle sale.

 

Cosa hai voluto raccontarci in questo film?

Mi spiace essere magari deludente, però non c’è qualche cosa che uno vuole raccontare e allora utilizza il film, volevo raccontare il fim, non saprei dire delle cose di supporto, come dire, i significati del film, quello non lo so e spero che sia lo spettatore a mettersi in relazione con questa forma e trovare materia eventuale per immaginare o per pensare un qualcosa che può sembrargli interessante.

Sicuramente però c’è qualche cosa che ha a che fare coi miei interessi, c’è sicuramente dentro, come anche nei testi teatrali, quello che io credo, un approfondimento della condizione soggettiva del protagonista, che parte quasi come un eroe che crede di bastare a se stesso, infarcito dei suoi ideali, la vita funziona, e poi a un certo punto un evento casuale, accidentale, dopo dieci minuti di film, lo fa precipitare in un’esperienza da incubo e il film racconta i tentativi che fa per risalire la china.

 

Quali esperienze cinematografiche o letterarie ti hanno influenzato per la realizzazione di questo film?

Tutto quello che ho visto e che ho incamerato come qualcosa che penso mi appartenga o che ho riconosciuto come presente in me, ma anche tutte le cose che ho escluso, quindi c’è totalmente il mio gusto. E credo che gli autori più sono grandi più, dopo averti condizionato, suggestionato e impresso la forza della loro presenza, si dileguano e diventano irriconoscibili, come se si creasse un impasto per cui io non saprei dirti da dove deriva, ma sono sicuro che viene da loro, viene da questi grandi autori che mi hanno formato. Quindi sicuramente: Kafka, Pirandello, la tragedia greca, tutta roba bella leggerina.

Però ecco, per esempio, c’è del comico in Kafka, c’è l’umorismo in Pirandello, l’altro aspetto del tragico è il comico, e credo che nel mio film ci sia molto umorismo. Anche adesso, che ho lasciato un attimo la sala dove è in corso la proiezione del film e dove tornerò per avere una conversazione col pubblico, sono uscito mentre era in corso una risata, perché appunto, quando una situazione, come in Kafka, è esagerata, è estenuante, si può reagire piangendo oppure con qualcosa che muove al riso.

 

Tua madre nel film è anche tua madre nella realtà come mai questa scelta?

Perché il protagonista è un ecologista e volevo trovare una madre a kilometro zero e mia madre era la madre più vicina che avevo, quindi ho scelto lei.

 

Qual è secondo te la città ideale?

Il film, non dimostra perché appunto non è un teorema, ma indica il pensiero che farà alla fine il personaggio e che potrei dire coincida col mio, che non esiste una città ideale. C’è proprio una contraddizione in termine. La città è qualcosa di concreto, di costretto a misurarsi con la realtà umana e quindi è impossibile che viva di idealità, tra l’altro l’idealità è qualcosa di talmente soggettivo e difficile da mettere in comune con gli altri che obbliga sempre a dei compromessi.

 

Quali sono state, se ci sono state le difficoltà di realizzazione del tuo film?

Tutto, tutto è difficile, la regia è un continuo tentativo da parte del regista di risolvere dei rebus, degli enigmi e degli inciampi, primo fra tutti il tempo, doverlo finire nel tempo concordato con la produzione, che può essere una produzione amica, ma che giustamente ha anche dei tempi, che detta i tempi, e a quelli bisogna attenersi. Questo non è cosa da poco, perché il regista avrebbe la tentazione di continuare illimitatamente per fare bene una cosa ma deve rispettare le condizioni iniziali.

 

Hai una grande passione per il teatro, ma sei arrivato più tardi al cinema, com’è stata questa scoperta?

È legata al fatto di avere fatto I cento passi, di avere interpretato il ruolo di Peppino Impastato con Marco Tullio Giordana. Fino a quel momento io non avevo neanche il book, sai, gli attori hanno il book, hanno l’agente, io non avevo fatto neanche i provini. Il primo provino di cinema ha coinciso con la prima interpretazione, fortunatamente da protagonista, di un film, mi permetto di dire, così bello e forte, e quindi è stato automatico passare direttamente al cinema a partire da quell’esperienza.

 

Di quell’esperienza che ti ha portato a vincere il David di Donatello come miglior attore protagonista che ricordo hai adesso?

Non è un ricordo, è l’incontro con una persona che ha fatto sentire la sua presenza anche se appunto era scomparso nel ’78 a 30 anni. Io quando l’ho interpretato ne avevo 32 e mi faceva impressione pensare che ero più grande di età di lui, quando purtroppo è stato assassinato. Quindi è l’incontro con questa creatura così straordinaria e con la sua famiglia, con la madre Felicia, che purtroppo qualche anno fa ci ha lasciati, il fratello Giovanni, la cognata Felicietta, tutti gli amici, ecco questa è stata l’esperienza di vivere in quella atmosfera così difficile ma anche così vitale. Perché credo che uno dei meriti del film sia proprio la vivacità intellettuale, culturale ed emotiva, anche di Peppino Impastato, che riusciva a contagiare i suoi amici con una battaglia che aveva senso soltanto se corale.

 

Ti lascio chiedendoti quali sono i tuoi progetti per il futuro teatrali e se ci sono cinematografici?

Mi prendi in un momento molto fortunato e che spero che duri perché sono tante le cose, quindi le dico visto che me lo chiedi: a gennaio escono due film, come primo interpreto una parte nel film di Paolo Virzì, Il Capitale Umano, e secondo, insieme a Donatella Finocchiaro, sono genitore del protagonista del film di Stijn Coninx, un film belga che si chiama Marina e che dovrebbe uscire anche quello a gennaio.

E poi ho finito di girare, con Ivano De Matteo, un film che si chiama I nostri ragazzi, insieme a Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Gassman e Barbara Bobulova e quindi aspetto anch’io con molta curiosità questo film perché, se sono giuste le mie sensazioni sul set, credo sarà un film importante.

 

Ti ringrazio

Grazie a te

 

Di (Stefania Bleve)

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