Si definisce ‘ansia da prestazione’ uno stato emotivo ansioso, che viene determinato dalla paura di non essere all’altezza di svolgere bene il proprio ‘compito’ In questo caso specifico, quindi, di non riuscire a comportarsi nella maniera dovuta e soddisfare la donna che si ha davanti e di cui, dati i presupposti, è evidente che si ricerchi l’approvazione. Se questa ansia e questo timore arrivano ad essere sufficientemente forti, possono impedire il normale svolgimento dei passaggi che dal desiderio portano all’erezione, alla capacità di eseguire correttamente il rapporto sessuale e raggiungere l’orgasmo.
“L’ansia da prestazione” è diventato un argomento di tale importanza, che dobbiamo fermarci un attimo per prenderlo in considerazione, in quanto è la punta d’iceberg di uno dei problemi emergenti del nuovo rapporto tra uomini e donne, che ha avuto un’incredibile scossone dagli anni ’70 in poi. Da quel momento infatti, dalla così detta “liberazione sessuale” sono venuti cambiando ruoli e identità maschili e femminili, che erano invece rimasti pressoché intatti in millenni e millenni di storia precedente.
Non è che il problema non ci fosse anche prima, ma si tentava di risolverlo alla sorgente, con un controllo sociale totale. Possibilità di rapporti che potevano creare insicurezza non ce n’erano. L’educazione delle fanciulle era ferrea e volta al mantenimento della verginità fino al matrimonio, ovvero fino al contratto definitivo, alla cessione delle ragazze dalla famiglia di origine al marito.
I motivi infatti dell’ansia da prestazione sono essenzialmente due:
1) il sesso maschile ha un livello di competitività molto elevata e questo porta gli uomini ad aver bisogno, anche nel rapporto affettivo, di sapere, di poter credere, di essere i migliori in assoluto, di non avere rivali e, possibilmente, di non averne avuti mai!
E d’altra parte chi non vorrebbe la certezza (uomini, ma anche donne) di essere l’unico, il più amato, il preferito, almeno con la persona che si è scelta come compagna/o di vita?
2) senza l’erezione, ovvero senza il desiderio e la funzionalità maschile perfetta, non si può avere il rapporto sessuale. Funzione che non ha significato invece per le donne, rispetto alla fattibilità dell’atto in sé, dato che possono avere rapporti perfino quando o se non sono consenzienti….
Ecco quindi spiegato il motivo del bisogno della assoluta fedeltà femminile, non creare disagio e difficoltà al regolare svolgimento di un atto sessuale. Bisogno che iniziava prima ancora che iniziasse il legame d’amore e si riassumeva in un’unica parola: verginità.
Una ragazza vergine era la miglior garanzia (anche se non totale, come ci raccontano canzoni goliardiche e aneddoti o barzellette ottocentesche) di non aver mai conosciuto nessun altro uomo, e questo era importantissimo per ciò che oggi definiremmo ‘l’immagine’, e che allora era l’onore, degli uomini di una società maschilista e patriarcale. Solo tramite la verginità c’era la certezza che una ragazza non avesse mai potuto conoscere, né tantomeno provare, qualcuno meglio del fidanzato, o vedere qualche pene più grosso, più compatibile o meglio funzionante di quello della persona che l’aveva scelta come sposa. Era vergine nel senso più ampio della parola, non aveva mai avuto esperienza, non conosceva l’argomento, non poteva fare confronti! Ed era solo l’uomo o la famiglia di entrambi che avevano diritto di scelta del coniuge!
Questo è stato quindi per secoli il grosso sopruso che è stato attuato da parte della società maschile nei confronti delle donne. Solo che ora dobbiamo stare attenti a che non venga commesso il torto opposto, da parte delle donne nei confronti degli uomini. Che vengano cioè aggrediti, avviliti e demotivati facendo paragoni poco piacevoli.
Già al primo approccio può infatti capitare che ci siano ragazze che, decidendo di passare subito all’azione e guardando i genitali maschili commentino “E’ tutto lì? Il ragazzo che avevo prima ce l’aveva lungo almeno il doppio e grosso almeno il triplo!”
“Be’, già fatto? Il mio ex era in grado di durare ore!”
“Ma sei sicuro che non ti serva il Viagra?” e così via.
Diciamo che sono frasi che sarebbero in grado di smontare anche il più agguerrito e convinto degli amanti. Se la cosa poi viene ripetuta più volte, è facile che ad ogni successivo incontro il poveretto diventi sempre più imbarazzato, abbia sempre più difficoltà, inizialmente al raggiungimento dell’ogasmo poi, piano piano, anche all’erezione, e che, di volta in volta, ogni possibilità di incontro diventi fonte di un’ansia sempre più forte. Ansia che crescerà sempre di più, nella paura e nell’attesa di ogni nuova occasione di prova o di confronto con una donna, e che è appunto chiamata: ansia da prestazione.
Ma l’ansia da prestazione, oggi (in questa realtà che ci chiede di essere efficienti su tutti i fronti), non risparmia nemmeno le ragazze. Se subentrano difficoltà, o non si riesce a raggiungere l’orgasmo, si creano anch’esse una tale aspettattiva rispetto ad ogni nuovo incontro che, se va delusa, può portare in tempi anche molto brevi ad un senso di insufficienza e inadeguatezza che potrebbe giungere fino ad incrinare l’identità femminile (perché non raggiungo l’orgasmo? Allora non sono normale….)
Nelle donne però, una simile ansia da prestazione non può provocare il disastro totale che provoca invece nel sesso maschile, dove la mancata erezione impedisce completamente e ad entrambi ogni possibilità di rapporto.
L’unica cura per gli uomini, in simili casi, (meglio se accompagnata ad una psicoterapia), è quella di trovare una ragazza che accetti il problema iniziale e abbia la pazienza di aspettare che si risolva spontaneamente, semplicemente dando fiducia e valore al rapporto e credendo nella possibilità che le prestazioni future saranno molto migliori, fiducia che ripagherà in pieno, in quanto i ragazzi, sostenuti e gratificati, dopo poco ricominceranno a funzionare a meraviglia.
di (Marina Zaoli)