La vita è un susseguirsi di situazioni, accadimenti, episodi che, se hanno il pregio di sviare la mente dal fatto principale, comportano anche il pericolo di allontanare dal bene prioritario, specie quando si è lontani dalle sfere di affettività. Ecco quindi che la voce del partner, sulla distanza, la si ispeziona con gli occhi della mente per scoprire quelle incaute imperfezioni che i nostri recettori segnalano, individuando un pericolo di deriva sentimentale; di ogni mail o messaggio sul cellulare si scandagliano i sintagma, la posizione di un verbo, la punteggiatura, per quella capacità ispettiva mai sopita, che ci diano avvisaglie di dinamiche che stanno cambiando. (Quante volte non ci si è soffermati più di tanto sui contenuti di una mail per sondare un livello più profondo che nascondesse un recondito messaggio?)
Vero è che la solitudine annichilisce e per un istinto quasi di sopravvivenza si tende comunque a cercare un surrogato di affetti in qualsiasi persona viva il nostro spazio; si arriva addirittura ad allargare quelle parentesi che sono sempre state le nostre difese, per farci star bene anche l’altro. Per usare le parole di W. Whitman: questo è il dolore della vita, che per essere felici bisogna essere in due!
Inizia da qui una rincorsa affettiva; come un atleta si porta al limite per creare lacerazioni nel tessuto muscolare al fine di aumentarne il volume, così le nostre lacerazioni al tessuto affettivo per liberare nuove endorfine.
E’ paradossale, se ci pensiamo, che le lacerazioni, i graffi all’anima siano edificanti, producano benessere. In un romanzo di D. Grosmann, il protagonista fa sapere alla sua donna, in un intenso scambio epistolare: che tu sia per me il coltello.
Ebbene, sappiate che ogni squarcio libera qualcosa di noi che spesso non conosciamo e, come fa dire lo stesso Grosmann, svelare a una persona qualcosa che non sa di se stessa è un grande dono d’amore, il più grande.
Bruno Raco