Un po’ Wes Anderson un po’ Johnny Depp in “Paura e delirio a Las Vegas”, un tocco di selvaggio west e una spruzzata di anni ’70. Il tutto mescolato ai Peanuts, alle stampe tappezzeria con punte animalier e alle camicie in puro stile dandy.
Alessandro Michele conferma quanto visto fino ad ora con le collezioni da lui create: Gucci non è più Gucci, ma in compenso la sua identità non è mai stata così forte. Immerso in un’atmosfera a luci – letteralmente – rosse, l’uomo pensato per l’Autunno/Inverno 2016-17 attraversa “campi di riattivazione poetica” (questo il titolo del fashion show).
Poetica del passato che sempre riemerge nel presente, come sottintendono le camicie dallo sparato decorato prese dall’armadio di un nonno un po’ kitsch.
Poetica del ritorno a quell’infanzia che conforta in un mondo di valori in caotico cambiamento: ecco t-shirt con Snoopy e Woodstock, cappelli con lunghe orecchie di pelliccia nei toni del fucsia e dell’azzurro, giubbotti a motivo Teddy bear.
Ma soprattutto poetica del genere che scompare, con l’occhio di chi guarda molto più interessatoa cogliere la prossima pelliccia da Crudelia Demon o la successiva cappa rosso fuoco, piuttosto che preoccupato dal sesso dei modelli. Non a caso Alessandro Michele ha chiamato in passerella Hari Nef, modella transgender che figura fra i 50 personaggi più influenti del 2015 secondo The Forward.
Unica concessione alla riconoscibilità del marchio fiorentino, al di là delle righe verdi e rosse che fanno capolino sugli accessori, sono i mocassini con l’interno in pelliccia: un lusso bizzarro che rimanda al voler essere appariscenti senza faticare a scostarsi dalla comodità.
Sembra la moda di un tempo collassato su se stesso, dove i frammenti di stili ed epoche sono raccolti da modelli-bambini che non vogliono ascoltare la rigidità dei canoni intorno a loro, ma li combattono silenziosamente senza velleità di costruirne di propri.
di Martina Faralli