Matteo Garrone si lascia ispirare dalla raccolta di fiabe “Lo Cunto de li Cunti”, opera pubblicata postuma ma scritta tra il 1634 e il 1636, da Giambattista Basile, celebre letterato napoletano. L’opera di Basile raccoglie cinquanta fiabe raccontate nell’arco di cinque giorni. Garrone ne sceglie tre tratte dalla prima giornata: La polece (la pulce), La cerva fatata e La vecchia scorticata.
Le tre vicende sono immerse in luoghi senza tempo in cui gli eventi delle tre storie non si susseguono linearmente, ma vengono intessuti con dovizia per mostrare l’intreccio solo alla fine. Sorprendentemente non si tratta di un film adatto ai bambini; così come la sua versione letteraria, “Il Racconto dei Racconti” presenta temi complessi attraverso scenari inquietanti e violenti in cui le passioni umane trovano intricati percorsi per uscire allo scoperto.
Non tutti i conflitti trovano risoluzione: i personaggi raramente sono marcatamente buoni o cattivi e anche il lieto fine qui ha una nota amara. “Ogni nuova vita, richiede la perdita di una vita. L’equilibrio del mondo, deve essere mantenuto. Siete disposti ad accettare questo rischio?”. La domanda che un negromante pone alla meravigliosa Salma Hayek, regina disposta a tutto pur di avere un figlio, è rivolta al pubblico stesso, a tutti noi, adulti ormai incapaci di lasciarci trasportare in un mondo magico.
Matteo Garrone riesce nel difficile compito di riportare la fiaba alla sua forma originaria, non un diletto che tenta di abbellire la realtà tingendola di incantesimo, ma il racconto crudo del mondo, in cui non ci sono eroi, piuttosto personaggi a tutto tondo fatti di sentimenti viscerali. Saremo pronti a sopportare la crudeltà di quel mondo? Sapremo accettare il bene e il male, la vita e la morte, mescolati al punto da non poter più essere distinti?
di Michela Fiorentino Capoferri