Giovane mosaicista, diplomata presso la Scuola Mosaicisti del Friuli, Giulia Bonetti si racconta nel suo percorso di formazione. Passione, studio, rigore e concretezza sono solo alcuni dei requisiti fondamentali che ha scelto per intraprendere la sua strada.
Cara Giulia, raccontaci in breve il tuo percorso: dalla tua formazione ad oggi.
“La passione per il colore arriva da lontano, mia madre mi raccontò di quando da bambina usai una matita verde per disegnare a tre anni; rimase così colpita da quanto mi piacque, che comprese che quella era la mia strada. Abbastanza in fretta lo capii anch’io, quindi il percorso formativo fino ad un certo punto è stato abbastanza canonico: istituto d’arte, Accademia di Belle Arti facoltà di pittura, erasmus a Paris Saint Denis; forse solo l’ultimo step è abbastanza inconsueto: Scuola Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo (considerata una delle venti scuole dell’eccellenza artigianale italiana)”.
Il mosaico: che cosa rappresenta per te questa antica forma artistica?
“Il mosaico è stato una rivelazione; quando terminai l’Accademia non avevo bene idea di quello che volevo fare ma ero certa che la mia formazione era profondamente incompleta, agognavo fortemente la dimensione da “bottega” e avevo la fortissima necessità di imparare un sapere delle mani. Il percorso accademico oggi è molto più intellettuale. Così, per caso, venni a conoscenza di questa scuola ma prima di visitarla non immaginavo assolutamente che il mosaico potesse essere una forma così alta d’artigianato, d’arte e di vita. Certamente la cosa più affascinante è l’idea di utilizzare gli stessi attrezzi usati dagli antichi romani: l’arte che si rinnova nella forma ma rimane così antica nel metodo. Il mosaico insegna la pazienza. Rispetto al disegno e alla pittura tutto ha dei tempi molto più dilatati, il colore bisogna trovarlo e cercarlo tra una ricca tavolozza, quella messa a disposizione dalla natura, non lo si crea da zero come avviene nelle altre arti. E’ appunto magico anche il rapporto strettissimo con la natura, spesso si raccolgono i ciottoli, si scelgono i marmi o si selezionano i vetri che come si sa hanno alla base della loro formazione la silice. Tutti gli elementi arrivano in qualche modo dalla terra, anzi sono parte della stessa terra. Infine, il fatto di trovarsi a metà tra pittura e scultura, la matericità di quest’ultima senza dover rinunciare al colore”.
Sapresti indicarci e descriverci un-un’ artista contemporaneo cui sei legata?
“Sono numerosi gli artisti che influenzano il mio percorso ed il mio gusto: El Anatsui, ad esempio, si potrebbe considerare un artista che lavora sul mosaico contemporaneo. Michael Borremans e Marlene Dumas due pittori geniali. Olafur Eliasson. Tra i giovani italiani sicuramente Nicola Samorì e Tamara Ferioli”.
Un consiglio per i giovani che vogliono avvicinarsi al mondo dell’arte.
“Il mondo dell’arte non è il mio mondo, non per ora almeno, in ogni caso direi in generale di rimanere quanto più possibili fedeli ad una legge suprema che tenga lontano dalla prostituzione artistica, pratica da sempre molto in voga. A chi si avvicina al mondo dell’artigianato e del design artigianale, che sono i miei mondi, posso dire che noi di fatto ci siamo assunti il compito di partorire, di mettere al mondo oggetti che prima non c’erano, facciamo nascere elementi che possono influenzare il gusto e in quest’ottica bisogna davvero sforzarsi di fare sempre il meglio possibile senza affezionarsi troppo a quel che si fa ma dimenticarlo subito dopo che lo si è concluso altrimenti si diventa manieristi e non si cresce. Chi mette al mondo ha il compito di crescere per far crescere al meglio il proprio lavoro”.
di Giulia Hansstein