La gioielleria contemporanea ha voglia di sperimentare nuovi percorsi.
Oggi i designer si lasciano ispirare dai più svariati input per creare non solo semplici oggetti da indossare ma vere e proprie opere di design il cui valore principale è quello progettuale, mentre il valore materico, che ha da sempre contraddistinto il mondo del gioiello, trasla in secondo piano.
E’ questo il caso di Manuela Gandini, che nel 2004 fonda Manuganda, disegnando e producendo la sua prima collezione di gioielli firmata. La ricerca formale della designer si basa sull’interazione tra il corpo e il gioiello, sull’impiego di materiali non frequentemente utilizzanti nella gioielleria convenzionale e sullo sfruttamento delle nuove tecnologie.
I pezzi Manuganda sono infatti realizzati attraverso la prototipazione rapida, la modellazione 3D e l’incisione chimica, strumenti che le consentono di progettare forme astratte con materiali innovativi unendo tecnologia e lavoro manuale. Ne è esempio il bracciale Berlino 09, che trae spunto dalla nuova architettura del “dopo Muro” della capitale tedesca. Tramite la sinterizzazione laser della poliammide è stato possibile creare superfici che le classiche tecniche della gioielleria non avrebbero potuto realizzare.
La designer segue ogni passaggio della produzione: dallo sviluppo dell’idea alla prototipazione, per poi finire con il packaging. E’ un processo lento che si contrappone alla sempre più pressante massificazione ed omologazione della nostra società.
E’ possibile sottrarsi alle influenze della moda? Manuela ci è riuscita creando gioielli con caratteristiche durevoli nel tempo: unicità, innovazione ed elevata qualità.
di Flavia Patanè