Quando una foto non basta, quando un abito è più di un abito, quando la descrizione di un trend diventa la poesia di uno studio accurato di Anna Piaggi: è lì che la moda smette di essere sinonimo di frivolezza e diventa arte.
Traduttrice, scrittrice e giornalista, nata a Milano nel 1931, dopo aver lavorato per la casa editrice Mondadori, per l’Espresso e Panorama, contribuisce alla nascita di riviste come Arianna e Vanity in collaborazione con l’illustratore Antonio Lopez. Negli anni Settanta intraprende la carriera di talent scout di fotografi, scoprendo talenti del calibro di Giampaolo Barbieri e suo marito Alfa Castaldi.
Stile clownesco dagli abbinamenti improbabili, volto cipriato con gote rosa, ciuffo blu, il tutto sempre rigorosamente completato da un cappello. Elemento chiave dei suoi outfit, ne possedeva più di 300 modelli, che furono esposti nel 2013 (un anno dopo la sua morte) al Palazzo Morando di Milano, alla mostra “Hat-ology” curata da Steven Jones, suo fidato hat designer.
Nelle collezioni vedeva storie, significati, e richiami a cui neanche gli stilisti stessi avevano pensato. Testamento di questo suo talento è la raccolta Doppie Pagine di Anna Piaggi, nata nel 1988 su Vogue e che portò avanti fino all’anno della sua morte.
Il titolo stesso della rubrica era un vero gioco di parole: D.P. come a dire “di Piaggi”, e ogni mese aveva una intestazione caratterizzata da parole divertenti e assonanti come per esempio: Full Fall, Think Print, Body Odies, che insieme alle didascalie esponevano i collage delle immagini tratte dai vari backstage dei fashion show, tutti accomunati dal trend che aveva scelto di esaminare. Frutto di un metodo da lei battezzato Moda-logia: una ricerca fatta su una scrivania tappezzata di riviste più volte sfogliate, libri d’arte e dizionari che le permettevano di conoscere a fondo l’origine di quelle parole con cui giocava.
In un mondo effimero come quello della moda, Anna Piaggi faceva proprio questo; dava valore alle cose, grazie alla sua immensa cultura, e per questo rimarrà un Mito.
di Pamela Romano