W37 sembra quasi il nome di qualche aerospaziale pronto a partire per nuovi orizzonti, e probabilmente il richiamo è quello. Qualcosa di nuovo e finora inesplorato che vuole utilizzare una realtà polifunzionale al fine di creare benessere a chi la vive. Questo progetto di recupero industriale, ex fabrica Richard Ginori, è il frutto di un importante investimento e una scommessa per il futuro; quasi una rieducazione mentale di una tradizione che non si scalfisce ma si arricchisce di servizi e di attenzioni. All’interno del suo spazio troviamo “Lume”, il ristorante stellato dello chef Luigi Taglienti. Nulla qui è lasciato al caso, ma tutto è straordinariamente perfetto. Tre sono gli elementi fondamentali: Passato, Presente e Futuro. Il filo conduttore è unico. Gilt Magazine ha avuto il piacere di scoprire da vicino il talento di Luigi Taglienti e la sua passione per la cucina, porgendogli alcune domande.
Se io dico infanzia e cucina, lei cosa mi racconta?
Un orto di pomodori verdi, il loro profumo e il sole battente. E poi una stufa in ghisa, che mi ricorda mia nonna. Ho trascorso la mia infanzia con i nonni, e oggi tutti questi ricordi sono le componenti della mia vita. Quando posso, ed è periodo, mi piace andare nella casa in campagna e raccogliere i funghi.
Quando ha capito che la cucina sarebbe diventata la sua vita?
Credo di essere nato cuoco e di aver avuto la possibilità di stimolare la mia creatività e di appassionarmi sempre di più al mio lavoro per diventare un professionista come mi ritengo di essere oggi. Mi definirei infatti un professionista con tantissima passione, che per me è il mio valore aggiunto, perché non è l’elemento distintivo di tutti.
Oggi, Luigi Taglienti è uguale a Lume. Possiamo definirlo il binomio perfetto?
Se dovessimo parlare in termini di cucina, posso dire che ci sono tantissimi ingredienti che si associano magnificamente per creare un piatto perfetto. Con Monica Melotti è stato fatto un lavoro su misura, e questa opportunità, per me, non ha avuto spigoli sin dall’inizio. Mi sento a casa e posso dire che ad oggi gli ingredienti ci sono tutti.
Possiamo dunque considerarlo un obiettivo raggiunto?
Non ho in realtà un obiettivo unico. Ogni giorno mi pongo delle domande, e da lì mi creo degli obiettivi; il primo è sicuramente quello di crescere e quello di far crescere questo posto insieme a me. La mia soddisfazione oggi è trasmettere unicità. Non avere dissonanza tra la mia cucina e l’ambiente. È un valore aggiunto per l’esperienza che vogliamo trasmettere.
A proposito dei due valori fondamentali, tradizione e innovazione, in realtà cosa vuole trasmettere?
Non parlerei più di tradizione, bensì di patrimonio. Il patrimonio è la memoria di ognuno di noi che si associa ad ogni persona, in modo diverso e unico. Attraverso la cucina cerco di esprimere e di toccare delle corde che sono nel nostro dna, nel nostro patrimonio.
C’è un po’ di lei e della sua terra nella sua cucina?
C’è molto di me nella mia cucina! Tutto quello che sento, che ho vissuto e vivo. La mia è una cucina d’istinti. Non posso concepire una cucina troppo studiata. Ho la conoscenza, ma lavoro tanto sul momento. È una cucina uguale nei processi, però sempre in movimento.
C’è un ingrediente della sua terra che le piace utilizzare particolarmente?
In realtà non c’è un ingrediente fisico, ma posso parlare piuttosto di dna, che inevitabilmente mi porto sempre dietro. Un ingrediente istintivo di cui non riesco a farne a meno, è il mio dialogo con il territorio. Se vogliamo parlare invece di ingrediente fisico, è il limone: complesso, acido, così difficile da utilizzare in cucina. È una sfida continua, uno stimolo.
In merito a questa esperienza, cosa si aspetta di dare e cosa si aspetta di ricevere da chi lavora con lei?
L’importante per me è aiutare il mio staff ad aprire la mente per creare nuove prospettive di sapori. Io apro la porta e dò degli indirizzi, e spero di trovare delle persone che un domani possano perseguire quello che io ho cercato di trasmettergli, e innovare sempre di più mettendoci del loro.
Il suo piatto preferito.
Risotto, alla parmigiana.
Un aggettivo per descrivere la sua vita fino ad oggi.
Bella domanda! “Impegnativa”.
Futuro. Cosa pensa?
La mia cucina. La mia base solida; l’unica cosa che mi permette di arrivare ovunque.
Ringraziamo Luigi Taglienti per la sua disponibilità e professionalità!
di Chiara Marrapodi