Abiti dai colori vivaci, intricate storie dove spiccano amori osteggiati dalle famiglie, parenti separati dal fato, cattivi di varia foggia, triangoli sentimentali ma soprattutto tantissima musica. Descrivere i film di Bollywood non è un’impresa facile, proprio perché ogni pellicola mischia al suo interno tanti elementi diversi, e non a caso gli indiani associano le trame al masala, un mix di spezie tipico della cucina indiana e pakistana.
Benché il termine Bollywood sia stato coniato negli anni ’70 – quando l’industria cinematografica indiana ha superato quella americana in quanto a opere prodotte – unendo le parole Bombay (nome che la città di Mumbai ha avuto fino al 1995) e, ça va sans dire, Hollywood, in realtà la fondazione dei primi studios risale agli anni ’30. Un errore piuttosto comune è quello di usare l’etichetta Bollywood per indicare senza particolare discriminazione tutti i film di produzione indiana, mentre invece solamente i film popolari caratterizzati da musiche e danze che permeano tutta la durata del film a meritarsi l’etichetta bollywoodiana.
La colonna sonora e le coreografie sono infatti i cardini sui quali si basa il successo della pellicola; i passi di danza e le tracce della soundtrack vengono mostrati sul piccolo e sul grande schermo diversi mesi prima dell’uscita del film per creare interesse. I poli principali nei quali si concentra la produzione sono Calcutta per i film in bengali e Mumbai per quelli in hindi, nelle due città sorgevano anche i due più importanti studios: il New Theatres nella prima e il Talkies nella seconda.
Mumbai non è solo la capitale indiana dell’intrattenimento, ma anche un fondamentale fulcro commerciale ed economico che detiene il titolo di città più popolosa dello Stato e una tappa da segnare sul diario di viaggio se si decide di partire alla volta dell’India. La prima cosa da sapere è che la città si compone di diverse isole che si affacciano sul Mar Arabico e si divide in diversi distretti; l’area più benestante e ricca di attrazioni turistiche è Mumbai Sud, quella del centro-nord è la zona delle bidonville, mentre la parte Nord è nota per le spiagge e per il Parco nazionale Sanjay Gandhi, uno dei più visitati al mondo e che ospita un’impressionante varietà di flora e fauna. Non è un mistero che il caos e l’inquinamento possano destare smarrimento nei viaggiatori, ma non ci vorrà molto per superare l’impatto iniziale.
Uno dei monumenti maggiormente noti è il Portale dell’India, un arco eretto per rendere omaggio alla visita di re Giorgio V e della sua consorte, avvenuta nel 1911. Altrettanto celebre è la stazione ferroviaria Chhatrapati Shivaji (ultimata nel 1887 e originariamente nota come Victoria Terminus), un esempio di architettura neogotica-vittoriana dall’aspetto imponente che mescola al suo interno anche elementi hindu e islamici. Gli ornamenti della facciata includono vetrate appariscenti e gargoyles in pietra, ma l’interno non è altrettanto interessante e, anzi, i due aspetti stridono fortemente. Meno artistici ma sicuramente folkloristici, i bazar sono uno specchio della tradizione locale dove perdersi alla ricerca di souvenir e idee per uno spuntino gustoso (si precisa però che in certe località è meglio consumare i pasti in locali dove viene garantita una condizione igienica più affine a quella alla quale siamo abituati).
Un luogo che unisce il lusso dell’arte a quello dell’accoglienza è il Taj Mahal Palace, hotel affacciato sul mare che da secoli ospita personalità di spicco come re e maharaja e attira gli sguardi di chi vi passa davanti. La struttura ospita al suo interno 10 ristoranti con specialità provenienti, tra gli altri, da Giappone, Cina e Medio Oriente, una spa che offre come punto di forza trattamenti ispirati alla tradizione indiana, una galleria d’arte e, ovviamente, delle suite dall’arredamento ricercato. La Rajput Suite è ispirata all’opulenza dei ricchi palazzi del Rajasthan; i candidi interni sono ornati da tocchi color oro e dall’immagine di elegante pavone. La Tata Suite si contraddistingue invece per i lampadari di cristallo, le tende di seta, i tappeti e gli inestimabili dipinti appesi alle pareti.
di Fabiana Althea Mazzariello