Spesso tendiamo a invidiare i grandi intellettuali, desiderando almeno una volta nella vita di poter essere come loro per ottenere successo. Ma avere un elevatissimo quoziente intellettivo è davvero sinonimo di soddisfazione e felicità? È proprio questo il tema delicato affrontato in “Gifted: Il dono del talento”, in uscita nelle sale cinematografiche a partire dal 1/11/2017.
Andiamo a scoprire la vita della piccola Mary Adler, una bambina di soli 6 anni con un’intelligenza e capacità matematiche al di sopra di ogni bambino della sua età, e anche di molti adulti. Mary, dopo la morte della madre, una matematica di successo, va a vivere con suo zio Frank, per via di una personale richiesta di quest’ultima.
Frank, ex docente universitario, decide di far vivere a Mary una vita diversa da quella di sua madre, da sempre costretta sui libri. Infatti, per l’intero corso del film, lo zio sogna per Mary una vita normale, fatta di giochi e spensieratezza, senza trascurare ovviamente la sua dote innata del voler imparare. Ad ostacolare questo suo piano si presenterà, però, la nonna della bambina: Evelyn Adler, che, dopo il suicidio della figlia, vorrebbe che Mary prendesse le redini della madre e continuasse a studiare per risolvere un importante quesito matematico.
Gifted mostra una sottile verità fatta di genitori che spesso sfruttano allo sfinimento il talento dei propri figli, senza pensare ai loro voleri e alla loro infanzia, volendogli bene per ciò che fanno e non per ciò che sono. Dall’altra parte mostra invece l’amore di Frank, che ha voluto tenere con sé la bambina da molto prima che potesse parlare e mostrare di essere così intelligente.
Il film ci fa dunque riflettere su come, a volte, un talento possa essere una maledizione, un motivo in grado di portare gli altri a sfruttarti, contare su di te, senza poter capire se chi ti sta vicino prova affetto o ammirazione. Forse, dopo la visione, apprezzeremo un po’ di più l’essere “nella media”!
di Cristina Tanda