La New York Fashion Week si è appena conclusa e già le passerelle di Londra sono in fermento. Ma prima di migrare tutti all’ombra del Big Ben per ammirare i giganti della moda British, è il momento di tirare le somme su quanto la Grande Mela ha messo in tavola per la Primavera Estate 2019.
Nuovi Talenti alla New York Fashion Week
Alla Fashion Week di NY c’è chi arriva, c’è chi torna e c’è chi resta. Il primo è il caso dei debutti, sempre sotto stretta osservazione nel mondo delle Fashion Week. Il più illustre di questa New York Fashion Week è stato forse quello di Longchamp, brand francese che ha dimostrato essere molto più di un logo per famiglie benestanti in gita la domenica. Sullo sfondo della Statua della Libertà – rimando affatto casuale alla cultura francese che dona un simbolo alla neonata New York – la nuova direttrice creativa Sophie Delafontaine ha portato in passerella una donna grintosa, quasi sempre ammantata di frange dal dinamismo rock, ma che mai dimentica i volumi regolari e le linee curate del bon ton d’Oltralpe.
Tutti i nomi dei nuovi talenti
L’altro nome inedito altamente chiacchierato è stato quello di Niall Sloan, approdato alla direzione creativa di Escada dopo una proficua esperienza da Burberry. Col suo défilé all’Uptown Armory su Park Avenue, Sloan ha abbracciato appieno lo spirito dell’Upper Class americana dei tempi che furono, svecchiandolo però con stampe leggere e colori sgargianti. Largo dunque alle giacche con maxi spallini degli anni ’80, alle camicie dal taglio maschile e agli abitini in crêpe de chine, un mix retrò che traspone i modelli d’archivio sui dettami della moda contemporanea.
Un ulteriore debutto della New York Fashion Week con benedizione è stato quello di Wes Gordon, nuovo direttore creativo di Carolina Herrera. È stata infatti proprio Mrs. Herrera stessa, seduta in prima fila durante la sfilata alla New-York Historical Society, ad approvare il lavoro del 31enne creativo alla fine dello show. Merito forse anche dell’astuzia di Gordon nell’approntare una collezione che omaggiasse la creatrice stessa della Maison e il suo vestire le grandi signore dell’Upper West Side. A spadroneggiare in passerella sono stati infatti maxi abiti da ricevimento estivo, tra chiffon e brillanti stampe floreali, con un’alternanza fra tagli in vita per esaltare le forme e modelli a tunica con maniche fuori misura per un effetto di eleganza trasognata.
I grandi ritorni alla New York Fashion Week
A tornare in occasione della Fashion Week è invece Rodarte, marchio losangelino cresciuto a New York che, nella scorsa stagione, aveva riscosso grande successo in Francia dopo una trasferta sulle passerelle parigine. La location scelta dal duo creativo Kate e Laura Mulleavy è stata tutt’altro che banale: il NYC Marble Cemetery, un cimitero ottocentesco la cui atmosfera da fantasy gotico ben si sposava con gli abiti della Maison. Come le protagoniste di un romanzo Vittoriano (o di una versione alleggerita di un film di Tim Burton), le damigelle di Rodarte hanno sfilato sotto strati di chiffon, balze di pizzo e tulle vaporosi ad incorniciare addirittura il capo come bizzarre aureole. Il tutto inframezzato dai lampi metallici degli abiti in pelle arricciata, una parentesi quasi futuristica in questo omaggio della Fashion Week ad un passato inventato.
“Back home” anche per Proenza Schouler, che ritorna nella natia New York dopo tre stagioni passate a Parigi. Gli stilisti Jack McCollough e Lazaro Hernandez hanno sancito il rientro con una collezione radicalmente distaccata dalle ultime uscite. Via i tagli eterei e le forme leggere della parentesi francese e largo ad una concretezza di forme e materiali che strizza l’occhio all’America che lavora. Un elemento su tutti: il denim giapponese, declinato su tute, giacche, camicie e abiti cut-out.
I fedelissimi di New York Fashion Week
Fra coloro che invece a New York sono stati (e probabilmente rimarranno) sempre fedeli, la menzione d’onore non può che andare a Ralph Lauren. Lo stilista americano ha infatti festeggiato i suoi 50 anni di carriera con una mastodontica sfilata see-now-buy-now alla Bethesda Fountain di Central Park. 170 i modelli presenti in passerella, uomini, donne e bambini di qualsiasi età e provenienza: un’armata chiamata a rappresentare la storia degli Stati Uniti, dalle stampe tapestry dei Nativi ai bomber logati contemporanei, passando per le bluse da college ai lunghi abiti da sera in velluto senza tempo. Ad omaggiare il 78enne couturier, più di 500 fra star e amici, dalla nostrana Chiara Ferragni ad Oprah Winfrey, da Robert de Niro a Pierce Brosnan, ma anche gli illustri colleghi Donna Karan, Calvin Klein, Diane Von Furstenberg, Carolina Herrera e Tommy Hilfiger. Tutti ad applaudire uno degli uomini che per primi hanno mostrato quanto gli Stati Uniti possano essere grandi quando si parla di moda.
Ispirazioni multicolore alla New York Fashion Week
Trascinati forse dalla potenza di un tale anniversario, anche molti degli altri grandi nomi della scena newyorkese hanno pensato di creare collezioni che rimandassero in qualche modo alle proprie origini. Jeremy Scott ha infatti dichiarato di aver tratto ispirazione per la sua collezione a base di colori fluo e loghi 3D da alcune sue Polaroid risalenti agli anni ’90. Tory Burch ha voluto invece omaggiare la giovinezza della madre – Reva, fieramente presente in prima fila durante lo show – con un tributo all’eleganza fintamente noncurante degli anni ’60, dove a fare da padrone sono state le stampe bohémien, i lunghi caftani in popeline e i dettagli dorati, uno sfarzo momentaneo incarnato in maxi bracciali e decori a cascata.
Sempre a proposito di famiglie inarrestabili, Brandon Maxwell ha chiuso la sua sfilata sulla passerella della Fashion Week di New York a braccetto con la portentosa nonna 81enne Louise Johnson. Un rilancio sulle icone del passato che anche la collezione stessa ha omaggiato, fra abiti da cocktail degni di una diva anni à la Marylin – indossati, e non è un caso se si parla di dive, dalle sorelle Gigi e Bella Hadid – accostamenti rosa-rosso quasi color block, e micro-plissettature per rendere sofisticata anche la blusa più semplice.
La parte umana e commovente della New York Fashion Week
Anche una casa di moda può poi diventare una famiglia se la vision di chi la crea è abbastanza inclusiva. È il caso di Kate Spade, che solo tre mesi fa ha tragicamente perso l’omonima fondatrice. È quindi risultato fisiologico che la nuova direttrice creativa Nicola Glass la volesse omaggiare con la sua prima collezione a capo del brand. Nella sfilata all’interno della New York Public Library sono andati in scena i leit-motiv da sempre associati al marchio delle “donne che lasciano una scintilla ovunque passino” (frase spesso utilizzata su abiti e accessori Kate Spade): colori pop come il lilla, il rosa acceso e il verde chiaro, silhouette accomodanti per ogni tipo di figura, e il logo “picche” utilizzato in abbondanza.
Se c’è chi si fa ispirare dal passato, c’è anche chi sembra lanciare sguardi altrettanto nostalgici a luoghi vicini e lontani. Da un lato ci sono Hugo Boss e Coach, le cui sfilate sono state un’ode ai posti del cuore dei natii Stati Uniti: rispettivamente, alla California delle highway e alla città di Santa Fe, nel New Mexico. Anche se i look presentati dalle due Maison sono stati quasi opposti – materiali lucidi e sofisticati per Hugo Boss, abiti boho-chic e maxi felpe con stampe Disney per Coach – il filo conduttore dei due défilé era comune: l’amore per il proprio territorio, rigorosamente a stelle e strisce.
Viaggi, voli pindarici e profumi esotici
Dall’altro lato, quello dell’adorazione per luoghi remoti ed esotici, c’è invece Michael Kors, che ha trasportato i suoi spettatori addirittura fino alla Polinesia Francese. In passerella un tripudio di attributi dei viaggi da sogno: colori sgargianti su motivi floreali, pantaloni a zampa con bianchi intarsi, bikini crochet e grandi tote bag con la scritta Mr. K Beach Club St Tropez. A sfilare c’era anche Ashley Graham, modella plus size che ha sdoganato definitivamente la presenza delle curve sui catwalk di tutto il mondo.
Ancora spiagge e mare, ma stavolta in chiave thriller, da Calvin Klein. Raf Simons ha infatti dedicato la collezione Primavera/Estate 2019 al film Jaws, lo Squalo di Steven Spielberg, con t-shirt e canotte recanti la locandina del film che sbucavano da salopette ripiegate e da giacche con inserti vagamente ispirati al mondo BDSM.
A chiudere la kermesse newyorkese della Fashion Week sono state infine due sfilate diametralmente opposte ma dall’identico richiamo di costume. Da un lato Marc Jacobs, ex enfant prodige di Vuitton e Dior che per questa stagione ha omaggiato le icone bon ton anni ’60 come Jaqueline Kennedy, inserendole però in un mondo quasi fantasticato. È così che, durante la Fashion Week americana, abiti e soprabiti dell’epoca dai colori pastello sono cresciuti nelle forme fino a divenire quasi cartooneschi, mentre gigantesche rose di tessuto fiorivano su cinture e foulard, fino addirittura ad inglobare le modelle nelle loro silhouette.
E per concludere…
Niente di più lontano, nello spirito e nello stile, dalla sfilata di chiusura della Fashion Week con cui Rihanna ha presentato la sua linea di lingerie Savage X Fenty (e che ha rischiato di essere eclissata dai 90 minuti di ritardo di Jacobs. Un caso?). Le modelle volute dalla pop star hanno giocato con tutte le declinazioni possibili della biancheria intima, dai laccetti più sexy ai morbidi pigiami, dai boxer maschili agli autoreggenti a rete. Una dichiarazione di stile che sembra gridare: la moda della New York Fashion Week può anche essere per tutti.
di Martina Faralli