Tom Dixon: l’ascesa, le forti ambizioni, il marchio di fabbrica

Tom Dixon

Tom Dixon: designer inglese, classe 1959. In quanto autodidatta, è stato per anni simbolo di un talento che supera ogni costrizione didattica. Nella sua carriera lo abbiamo visto evolvere verso nuovi modi di fare design e affiliarsi a nuove correnti di pensiero, fino al raggiungimento dell’apice del suo successo: l’esposizione permanente di una sua collezione a New York. Oggi, dopo tanto reinventarsi, si ferma e crea un ristorante a Milano.

Caro Tom, hai realizzato innumerevoli collezioni per musei illustri come il Royal Albert Museum a Londra, il Moma di New York e il Centre Pompidou a Parigi. Questi lavori hanno rappresentato, senza ombra di dubbio, l’apice della tua carriera. C’è una collezione tra queste che ti ha entusiasmato più delle altre?

La soddisfazione più emozionante è sicuramente l’essere esposto in una collezione permanente al Museum of Modern Art di New York. Questo rappresenta il massimo encomio nel mondo del product design, incredibile.

Il movimento artistico “New British Sculpture” ti ha ispirato nell’uso dei materiali industriali di scarto per creare oggetti di design. Successivamente, negli anni hai acquisito interesse per l’intero processo produttivo: dall’ideazione alla creazione, fino alla commercializzazione. Questa evoluzione è riconducibile ad una crescita personale? 

No, continuo a realizzare opere servendomi di oggetti trovati. Ma questo è il mio segreto! Ho sempre curato le mie vendite, mi sono sempre occupato della commercializzazione in prima persona e, in particolar modo, delle mie creazioni.

“C’è bisogno di un luogo dove le persone abbiano l’occasione di fermarsi e fare esperienza dei nostri prodotti dal vivo”. Questa dichiarazione ha introdotto l’idea che sta dietro al tuo progetto ambizioso. The Restaurant è stato il tuo primo approccio al mondo della ristorazione temporary, cos’è cambiato da quel momento? Qual è l’obiettivo alla base dell’apertura del nuovo ristorante che hai progettato, The Manzoni?

A dire il vero è totalmente il contrario! The Manzoni è stato ideato per evitare di farci sprecare così tanto tempo ed energie in installazioni temporanee in occasione del Salone del Mobile ed, inoltre, aveva l’ambizione di raggiungere una nuova audience per le nostre creazioni.

Il Coronavirus ha costretto il mondo intero a fermarsi. Come sta reagendo l’industria del design a tale crisi? Ci sono in atto dei cambiamenti rivoluzionari? 

L’intero settore sembra essere congelato. Con il Salone del Mobile rinviato di un anno intero siamo tutti in uno stato di paralisi. Il design rappresenta una soluzione a molti problemi e, non appena le persone torneranno sul posto di lavoro, creeranno nuovi sistemi. Credo fermamente che si darà vita a nuovi modi di collaborare tra consumatori, brands e produttori.

Il Salone del Mobile, così come altre fiere di design, sono state cancellate quest’anno. Qual è stato l’impatto per il settore?

Un completo disastro! Avevamo in serbo tantissime idee, eravamo pronti a mostrare al pubblico dei prodotti innovativi. È stato davvero un gran peccato, soprattutto vedere Milano ridotta così.

L’industria del design si basa sul fornire al consumatore un’esperienza diretta, trasmettendo dei significati e delle emozioni attraverso le relazioni umane. Secondo la tua opinione, queste interazioni potranno mai essere rimpiazzate da piattaforme digitali? In che modo le aziende di design utilizzano la tecnologia per raggiungere gli stessi obiettivi?

No, non credo che la tecnologia possa rimpiazzare tutto. Piuttosto, quello che si è rivelato interessante è stato il modo di rivalutare il proprio rapporto con la solitudine, l’aver realizzato che il tempo lontano dai nostri colleghi ha reso il tempo trascorso online in loro compagnia ancora più prezioso.

La Redazione di Gilt Magazine ringrazia Tom Dixon per la sua grande disponibilità, augurandogli il meglio per i suoi progetti futuri.

 

di Martina Tronconi

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