Nella sede in viale Piave 24, il 19 giugno ha sfilato il duo Dolce & Gabbana, che per l’occasione ha allestito la location con luci colorate. Dopo due presentazioni digitali, Dolce & Gabbana racconta di un nuovo massimalismo e di una collezione fatta di maglie a rete, jeans strappati, con un richiamo agli anni 2000.
La location e la terapia della luce
“Ora abbiamo bisogno di luce e felicità”, così Dolce & Gabbana comincia lo show DGLightTherapy. Per il primo spettacolo dal vivo con un pubblico dopo quasi un anno, il brand ha pensato a una piccola terapia della luce. I due designer hanno ricreato nella loro location le luminarie presenti in alcune città del sud Italia, decorando la passerella e creando dei suggestivi giochi di luci.
Le luci sono espressione di gioia, felicità, famiglia e artigianato, questo è il messaggio che hanno voluto trasmettere. Gli stilisti spiegano che in questo momento la luce è una buona terapia dopo un anno e mezzo di Covid. Affermano che, secondo loro, c’è bisogno di vedere luce, gioia e felicità negli occhi delle persone, e la sfilata è il modo più immediato per spiegare al pubblico tutto ciò.
La collezione dei primi anni 2000
La collezione è un trionfo di broccati, gessati, pizzi, paillette e colore. Un rimando alla moda degli anni 2000, quando in opposizione al minimalismo proposero una collezione massimalista.
Il duo creativo ha quindi rivisitato le collezioni di quegli anni reinterpretando il denim e riproponendolo ai giovani di oggi. Le influenze hip-hop hanno alimentato quelle emozioni espresse nel fascino senza tempo di jeans larghi, canottiere bianche e top in rete nera.
La collezione non è soltanto un inno alla vita, ma anche un inno all’Italia: le tute sportive tricolore, i completi canottiera e shorts nei toni della bandiera. I colori, infatti, vanno dal verde acido al blu scuro, al viola, al rosa, fino ad arrivare al celeste.
L’emozione è tutto: “Siamo felici finalmente di fare una sfilata di moda dal vivo. Perché è emotivo. Ci sembra di ricominciare qualcosa”, concludono i designer.
di Aureliana Santinato