Mario Martone racconta la storia di Eduardo Scarpetta e del teatro napoletano
Secondo regista napoletano in concorso in questa edizione del Festival del Cinema dopo il collega Paolo Sorrentino, che il secondo giorno di Mostra ha presentato il suo “È stata la mano di Dio” riscuotendo grande successo di pubblico e di critica. Mario Martone prosegue dunque con il racconto di Napoli iniziato da Sorrentino tornando ancora più indietro nel tempo.
Siamo infatti nei primi anni del Novecento, e quella che viene mostrata è una città dall’intenso fervore culturale. Martone è al quinto film di fila presentato a Venezia, a undici anni da “Noi credevamo” e dopo il successo dello scorso anno con “Il sindaco del rione Sanità”, torna con la storia del grande Eduardo Scarpetta, del suo teatro e della sua famiglia.
La trama
Non poteva che essere Toni Servillo a interpretare il grande attore comico. Con lui nel cast anche Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna e Eduardo Scarpetta, discendente dello Scarpetta raccontato nel film. Martone segue una parte della vita dell’attore.
Sceglie di raccontare uno Scarpetta già avviato, noto e acclamato dal pubblico; sceglie di raccontare la sua complessa vita familiare e un episodio in particolare che lo lega a Gabriele D’Annunzio. Scarpetta decide infatti di parodiare un’opera di D’Annunzio, La figlia di Iorio.
Nonostante il poeta e Vate avesse ricevuto la notizia in anteprima e sembrasse appoggiare il progetto, al momento della messa in scena lo spettacolo dell’attore napoletano viene fischiato e D’Annunzio procede con la denuncia per plagio. Inizia così una fase decadente per Eduardo Scarpetta, che si vede superato da giovani astri nascenti e dal nuovo modo di fare spettacolo, il cinematografo. Martone introduce anche i personaggi di Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, figli illegittimi di Scarpetta.
Perché andare a vederlo
Il film del regista napoletano è ben costruito. Nonostante la difficoltà nel mostrare davanti alla macchina da presa il complesso mondo del teatro, Martone riesce a non rendere le scene sul palco pesanti o eccessivamente statiche. Si serve del collega e amico Servillo in modo intelligente, creando un personaggio a cui è facile affezionarsi e di cui è facile avere stima. Le musiche e le scenografie aiutano lo spettatore a immergersi nella Napoli della Belle Epoque, conquistandolo. “Qui rido io” esce nelle sale a partire dal 9 settembre, da non perdere.
di Ludovica Ungari