“Milano globale. Il mondo visto da qui”
Dopo la chiusura di “Oggetti di incontro”, il Mudec svela la sua seconda e innovativa permanente, al passo con le trasformazioni della nostra società. Globalizzazione e grandi processi: queste le chiavi che guidano il visitatore attraverso il viaggio nella nuova “fase” del Museo delle Culture di Milano.
Il Mudec, nato per accogliere e presentare al pubblico le collezioni etnografiche civiche, ha aperto le sue porte nel 2015. Dopo cinque anni, è di conseguenza emersa l’esigenza di compiere una riflessione intorno al ruolo e alle responsabilità dei musei etnografici nel dibattito contemporaneo.
Il rinnovato percorso si pone l’obiettivo di raccontare alcuni fenomeni che hanno profondamento trasformato la nostra società, a partire da creazioni – storie milanesi e lombarde – che formano un percorso di 510 opere.
La globalizzazione attraverso la “lente milanese”
Dalla città più internazionale d’Italia – così viene definita Milano – non ci si può che aspettare un ampio dialogo sulla globalizzazione. In un mix di sguardi che si allargano e si restringono, troveremo la città, il suo territorio e il suo tessuto sociale ed economico inserito in dinamiche più ampie, dall’era delle grandi navigazioni alla società dei consumi, dall’età coloniale alla Milano multiculturale.
Il percorso della mostra è presentato in ordine cronologico in modo da fornire al visitatore gli strumenti che consentano di affrontare temi complessi – come le migrazioni e il colonialismo – con la consapevolezza di quello che è stato il passato, per costruire un futuro di dialogo.
Le sezioni della mostra
Le cinque sezioni della mostra – grazie alla collaborazione di accademici, esperti, attivisti, mediatori culturali, artisti, blogger e attraverso l’organizzazione di workshop con persone con una biografia transnazionale – affrontano anche temi particolarmente critici.
Il percorso si snoda infatti tra dinamiche storiche che hanno portato a ricadute sullo sfruttamento dell’ambiente e dei lavoratori, le implicazioni dell’emergenza del capitalismo e i più noti temi che riguardano le violenze dell’età coloniale e le fatiche, ma anche le normalità, delle vite contemporanee.
Dalla Milano nell’impero spagnolo a Milano città globale
La prima sezione della mostra racconta di una Milano che si proietta su scala internazionale sin dal XVI secolo, quando entra a far parte del vasto scacchiere dell’Impero Spagnolo.
I traffici con l’America consentono l’arrivo di oggetti non europei che entrano nelle collezioni cittadine, come quelle di Manfredo Settala, le cui opere costituiscono un sorprendente esempio dell’apertura intellettuale e dell’interesse enciclopedico del tempo. In città arriva anche l’argento delle miniere boliviane di Potosì, destinato assieme agli altri metalli ad essere trasformato in armi, prodotti suntuari e monete per tutta Europa, il cui impatto produrrà ripercussioni fino in Africa.
L’ultima parte della sala – quella che accompagna il visitatore nella seconda sezione – è dedicata al cacao che, assieme ad oggetti e metalli, arriva dal vasto mondo iberico, cambiando le abitudini alimentari dell’intero globo.
La nuova dimensione globale del continente asiatico: Sala II
Nella seconda sezione della mostra il visitatore ha l’occasione di sentirsi immerso nell’atmosfera di un salotto sette-ottocentesco milanese, ricostruito secondo il gusto di ispirazione cinese dell’epoca. I pezzi esposti variano dalle porcellane e dagli smalti di produzione imperiale destinati al mercato interno, agli oggetti della “chine de commande”, prodotti in Cina per soddisfare la fame di “oro bianco” del mercato occidentale.
Anche la produzione tessile, in cui si intrecciano materie prime, mode, motivi e gusto importati dall’India, dalla Cina e dal Giappone, coinvolge Milano tra le prime città in Italia. A questo mondo è dedicata una vetrina con alcuni raffinati scialli cachemire, di gran moda agli inizi del XIX secolo.
La corsa per l’Africa: Sala III
Un nucleo di opere inedite provenienti dall’ex Museo della Guerra consente una riflessione sul portato culturale del passato coloniale italiano: gli oggetti giunti a Milano per celebrare le imprese militari in Etiopia permettono di sviluppare una narrazione che si concentra sulla identità e la storia della popolazione etiope, la cui voce e immagine fu messa a tacere e distorta dall’azione della propaganda fascista.
La problematica relazione con i “colonizzati” e la contraddittoria rappresentazione dell’ “altro” sono ben delineate dall’esposizione di Manifesti, riviste scientifiche o di intrattenimento, documenti e oggetti quotidiani: una modalità di relazione consolidatasi durante il ventennio fascista che non svanisce con il processo di decolonizzazione ma rimane presente, più o meno consapevolmente, nella società civile del secondo dopoguerra.
Modernità e tradizione non sono presentate come l’una successiva all’altra, ma come contemporanee, nel loro modellarsi reciproco dentro la situazione coloniale.
Dalla decolonizzazione al multiculturalismo: Sala IV
La galleria tra la sala IV e la sala V presenta un’analisi dei flussi migratori che coinvolgono Milano dalla seconda metà del XX secolo, passando dal boom economico italiano degli anni ’50 e ’60 alla trasformazione di Milano in città dei servizi nel decennio successivo.
Qui, un’installazione video con alcune interviste – realizzate in seno al Progetto Milano Città Mondo – con interlocutori appartenenti alle comunità lombarde di origine diasporica, favoriscono una più approfondita ed empatica comprensione della prospettiva migrante.
Si apre anche una riflessione sulla delicata questione del “madamato” e delle spose bambine date ai militari coloniali italiani, grazie all’esposizione dell’opera di Cristina Donati Meyer “il vecchio e la bambina”.
Milano globale e contemporanea: Sala V
L’ultima sala del percorso è incentrata sulla Milano globale contemporanea: uno spazio dedicato alla creatività delle generazioni di Afrodiscendenti e alla loro prospettiva identitaria nel contesto cittadino attuale.
L’intero progetto è stato improntato su un’impostazione aperta e partecipativa del processo di ideazione e allestimento della sala espositiva (che ha caratterizzato sia questa ultima sezione che le precedenti) attraverso workshop e discussioni in presenza e da remoto, con un approccio polifonico volto a evitare il “pericolo di un’unica storia” quale che sia.
Attraverso il progetto di “Milano globale. Milano Città Mondo” sono state raccontate al pubblico storie di toccante umanità, dove gli oggetti del Mudec hanno rappresentato una cassa di risonanza per i racconti delle esperienze di migrazioni.
L’esposizione è indissolubilmente legata alla mission del Mudec: costruire un luogo di dialogo attorno ai temi della contemporaneità attraverso le arti visive, performative e sonore, il design e il costume.
“Milano globale. Milano Città Mondo” – aperta al pubblico dal 17 settembre – è una vera e propria lente sulla storia e sull’evoluzione del capoluogo lombardo in quanto città globale, in grado di interpretare la contemporaneità e fornire una visione sul futuro.
di Cristina Camporese