Sono i primi giorni di gennaio e, come fanno un po’ tutti, è l’ora di tirare le somme del vecchio anno e stilare i nuovi propositi del 2023. A fare i giusti conti in fatto di moda sono i report firmati da Lyst, Stylight e Business of Fashion, che definiscono i momenti salienti del 2022, le tendenze in termini di acquisti e i numeri in fatto di sostenibilità.
Seppur gennaio sancisca un nuovo inizio, gli strascichi di ciò che ha segnato il 2022 determinano ciò che accadrà e, come in tutto, bisogna rivolgere uno sguardo al passato per andare avanti. La vera innovazione del 2023 sta infatti nel rimediare gli errori commessi, come per esempio la sovrapproduzione nel settore abbigliamento e le nuove proposte in fatto di upcycling e recycling, insieme a quelle di monitoraggio della supply chain, cioè la catena di distribuzione.
L’innovazione sostenibile di Candiani
Uno dei capi più inquinanti al mondo, non solo nella sua realizzazione ma anche nel suo smaltimento alla fine del suo ciclo vitale, è il jeans. Ma questa storia, ad oggi, può avere un lieto fine. Un normale jeans stretch viene ottenuto tramite un tessuto che nella sua trama possiede un filo di cotone e uno di fibra sintetica, ovvero plastica, che lo rende elastico e che quindi a decomporsi ci impiegherà 300 anni e anche di più, perché rilascerà microplastiche. Candiani ha brevettato il primo tessuto denim stretch totalmente biodegradabile e compostabile, denominato Coreva.
Perché questo tessuto riesce ad autodistruggersi rispetto a uno sintetico e come fa ad essere stretch? Coreva al suo interno possiede un filo di caucciù che, una volta in decomposizione, quando i microorganismi del terreno faranno il loro lavoro, farà addirittura da fertilizzante, utile per creare nuovi campi di cotone per nuovi jeans. Quando si dice, il ciclo della vita! Chi non poteva fare a meno di questa innovazione total green? Naturalmente Stella McCartney, che realizzando una collezione con il tessuto Coreva, una volta dismessi gli scarti, ha dato vita a un campo di cotone rigenerativo negli Stati Uniti.
A Milano Candiani ha creato una micro-factory, ovvero un impianto industriale ridotto a scala di boutique, per avvicinare il più possibile il pubblico a questo nuovo modo di creare e indossare un buon jeans, con l’opportunità di personalizzarlo al 100%. Questo laboratorio del jeans si trova in Piazza Mentana 3 e vale decisamente una visita. Se invece vi incuriosisce cosa succede al tessuto nel terreno, il nuovo hub di Porta Ticinese 22 lo mette in mostra grazie all’installazione firmata dall’imprenditore Matteo Ward.
Dal must have a Must Had
A mettersi a disposizione per dare una seconda possibilità a quei capi che non hanno del tutto concluso il loro ciclo vitale sono invece i fondatori di Must Had. Start-up torinese, classe 2021, messa a punto da Arianna Luparia, Eugenio Riganti e Matteo Aghemo, sfrutta il gioco di parole must-have, “da avere assolutamente”, diventando “da avere avuto”, per veicolare il messaggio che ogni cosa merita una seconda chance. Must Had mette a disposizione brand, artigiani e designer che credono nel re-fashion per soddisfare quel consumatore che desidera capi unici e personalizzati, oppure quelle realtà che si ritrovano i magazzini pieni di capi invenduti o scarti, per riutilizzarli e chiudere il cerchio. Da qui la nascita del brand Close the Loop sulla piattaforma di Must Had.
Le possibilità di stilare dei buoni propositi in fatto di shopping ci sono tutte, sta a noi compilare la lista e cercare di portarli avanti quest’anno (e non solo).