Il caso di Giovanna Pedretti
Un caso concreto, reale, che sta facendo riflettere sulla questione. Giovanna Pedretti possedeva col marito una piccola pizzeria nel lodigiano; un cliente, dopo essersi recato al locale a cenare, ha scritto una recensione negativa sul ristorante, colma di lamentele: sostanzialmente, il giovane si è sentito disturbato dalla presenza di gay e persone disabili sedute ai tavoli di fianco durante la cena. A rispondere, la stessa Giovanna, che invita il cliente a non tornare più presso il suo locale.
Inizialmente, la ristoratrice è stata elogiata per la sua risposta cortese e in qualche modo è stata consolata dalla brutta recensione subita; ma, poco dopo, l’autenticità della recensione è stata messa in dubbio sui social e si è iniziato a pensare ad un’azione di marketing praticata dai ristoratori stessi, una sorta di pubblicità gratuita al ristorante. Di conseguenza, iniziano le critiche e i messaggi di insulti e di odio verso i due ristoratori. Giovanna si è poi a sua volta difesa contro le cattiverie, dicendo che la pizzeria promuove da anni iniziative di solidarietà e che quindi queste accuse e questi insulti non sono né fondati né consoni.
Una libertà d’espressione che deve essere regolamentata
Una gogna mediatica, un odio che porta a conseguenze molto gravi, anche letali. Più regole sul web, meno odio e commenti brutali. L’hate speech è troppo diffuso e di conseguenza difficile da contenere; si propaga subito, è pericoloso poiché porta a discriminazioni e in certi casi a conseguenze irrimediabili su soggetti vulnerabili.
Con hate speech si intende l’odio gratuito, incoraggiato o promosso online. L’odio dev’essere eliminato con regolamenti chiari e misure definite. Un conto è la libertà di espressione, cosa ben diversa è invece arrivare all’odio e al disprezzo. Ci sono articoli del codice penale che richiamano le forme d’odio ma non leggi specifiche che lo regolamentano.