Omicidio Giulia Cecchettin: ergastolo per Filippo Turetta

La Corte d'Assise di Venezia ha emesso oggi la sentenza di ergastolo per Filippo Turetta, imputato per l'omicidio volontario aggravato di Giulia Cecchettin, sua ex fidanzata

a cura della Redazione

La decisione è arrivata al termine di un processo che ha messo in luce la cruda premeditazione e l’efferatezza del delitto. Turetta è stato riconosciuto colpevole anche di sequestro di persona, stalking e occultamento di cadavere.

Il verdetto e le dichiarazioni in aula

La sentenza, pronunciata durante la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stata accolta con commozione dalla famiglia Cecchettin, presente in aula con alcuni familiari. Il pubblico ministero Andrea Petroni, che aveva chiesto l’ergastolo, ha definito il delitto un “caso di scuola” di premeditazione, sottolineando come l’imputato avesse pianificato ogni dettaglio nei giorni precedenti il femminicidio.

La ricostruzione del delitto

Secondo la ricostruzione, tra il 7 e l’11 novembre 2023, Turetta aveva preparato una lista sul suo cellulare con strumenti e azioni necessari per compiere il crimine. La sera dell’11 novembre, in un parcheggio di Vigonovo, ha aggredito Giulia, per poi trasportarla in un’area isolata dove la violenza è proseguita. Il corpo è stato ritrovato giorni dopo vicino al Lago di Barcis, avvolto in sacchi neri.

Una relazione tossica e ossessiva

Durante il processo, sono emersi numerosi elementi che attestano il rapporto ossessivo e manipolatorio che Turetta aveva instaurato con Giulia. Messaggi inquietanti come “Se la mia vita finisce, la tua non vale niente” o “Non uscire, è il limite” evidenziano un controllo opprimente che aveva già causato alla giovane forti stati di ansia.

La fuga e l’arresto

Subito dopo il delitto, Turetta aveva tentato la fuga all’estero, arrivando fino in Germania, dove è stato fermato dalla polizia grazie a un mandato d’arresto europeo. Al momento dell’arresto, aveva confessato: “Ho ucciso la mia ragazza”. La fuga, così come i tentativi di cancellare le prove, ha mostrato una lucida consapevolezza del crimine commesso.

Un segnale forte contro la violenza di genere

La condanna di oggi segna un passo importante nella lotta contro la violenza di genere. Sebbene il verdetto non possa restituire Giulia, rappresenta un segnale forte verso la giustizia e la tutela delle donne. Il caso ha riacceso il dibattito sulla necessità di prevenire e contrastare le dinamiche di violenza nelle relazioni, affinché tragedie come questa non si ripetano. La famiglia, visibilmente scossa ma sollevata per il riconoscimento della colpevolezza, ha sottolineato l’importanza della sentenza per dare giustizia a Giulia e per mandare un messaggio chiaro contro ogni forma di violenza.

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