Ultimo giorno di fashion week e una ventata di aria fresca con la Collezione Primavera/Estate 2019 di Giorgio Armani. Tessuti leggeri e colori tenui, così lo stilista veste l’uomo Armani della prossima stagione, accompagnandolo in un viaggio alla ricerca di un’eleganza maschile aggiornata.
Lo fa pescando dal suo repertorio degli anni ’80, recuperando uno dei suoi loghi originali, il “GA”, e ritornando alle silhouette morbide che lo hanno reso famoso proprio in quegli anni. Al contempo mostra un occhio di riguardo anche ai nuovi trend che divagano nel settore: si vedano, a esempio, i pantaloni dal fondo largo d’ispirazione giapponese proposti in più varianti e abbinamenti, anche per lo smoking.
Vero protagonista dello show è il doppiopetto, con cui Giorgio si diverte a giocare spogliandolo della sua formalità e staticità e presentandolo come pezzo casual. Super leggera o più strutturata, dal gusto sportivo o più elegante, la classica double-breasted jacket è stata rivisitata nei volumi ed è stata così trasformata in un pezzo d’abbigliamento accessibile a tutti e facilmente indossabile in diverse circostanze.
Giorgio Armani si rinnova e dimostra di vivere a pieno la contemporaneità pur rimanendo fedele al suo DNA. Lino, camoscio e pelli tagliate a laser si colorano di una palette di tinte tenui che va dal gesso al grigio con accenni di azzurro, verde e sabbia a cui si aggiungono grafismi che movimentano le superfici e sete stampate.
E come in un climax, nella parte centrale della collezione, dei total look in denim caratterizzati da una pulizia formale senza eguali che permette loro di elevarsi “perdendo la sua aria di poveraccio”, come afferma nel backstage Giorgio Armani, diventando sofisticatissimi nell’insieme ed esaltando alla perfezione la ricercatezza stilistica del designer. Colpo di scena a coronamento dello show, la felpa che recita “Gorgeous Giorgio” indossata dal modello Jerome Palaz, che sfila sorridente tra i suoi colleghi prima di lasciare spazio all’unico e vero “Magnifico Giorgio” che saluta e ringrazia i suoi spettatori.
di Martina Testa