La sfilata spettacolo firmata Dolce & Gabbana
I due couturier Stefano Gabbana e Domenico Dolce ci hanno abituati ad avere il fiato sospeso i giorni antecedenti le loro sfilate. Espressione dell’italianità, amano rendere omaggio alle città del Bel Paese e, puntualmente, la ricerca della location perfetta parte dal desiderio di dimostrare quante potenzialità culturali si celano dietro una società sempre più interessata al concetto di omologazione, piuttosto che a quello dell’unicità.
L’Alta Moda vuole proprio portare in gloria l’essere unico, facendo arrivare il messaggio che dietro un abito c’è un mondo fatto di attenta ricerca, di studio e di passione, caratteristiche basilari per concretizzare quello che originariamente era solo un sogno lontano. Alta Moda è sinonimo di eccellenza e artigianalità, e per Dolce & Gabbana il confrontarsi con la cultura di una città significa far riscoprire questa forma d’arte messa in pratica da piccole realtà esistenti ancora oggi, rappresentate da artigiani che lavorano in sordina ma che danno vita a pezzi unici.
Questa volta la scelta è ricaduta su Venezia, nell’empirea Piazza San Marco, dove anche un semplice tavolo ha una luce diversa. Una città “pezzo unico” al mondo, proprio come le creazioni dei due couturier, che hanno colto l’occasione per celebrare i 1600 anni ab urbe condita.
Tintoretto, Casanova e Dolce & Gabbana
Venezia si presta bene ad ospitare la collezione Alta Moda 2021 attraverso uno spettacolo teatrale che lascia a bocca aperta. La città lagunare si trasforma per tre giorni diventando il palcoscenico ideale all’esecuzione di una partitura scritta a due mani da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, come fossero librettisti e compositori di un’opera: I tesori di Venezia, suddivisa in un prologo (Dolce & Gabbana casa), due atti (Alta Moda e Alta Sartoria) e due interludi (Alta Gioielleria Donna Creations e Alta Gioielleria Uomo Creations). Il duo di stilisti ha saputo cogliere il più intenso dei significati di Venezia, ovvero il mettere d’accordo e armonizzare culture differenti tra loro.
La Serenissima ha permesso all’epoca di far salpare dalle sue sponde mercanti come Marco Polo, e per l’Alta Moda, Dolce & Gabbana ha voluto che le modelle arrivassero a bordo di 100 gondole in quella passerella di rosso vestita, prendendo il posto di acrobati e commedianti che poco prima hanno allietato l’attesa. Tralasciando gli interludi dedicati al mondo dell’Alta Gioielleria, anticipati con un’esposizione a Palazzo Ducale, dove si è potuta ammirare l’alternanza di orecchini, spille, anelli delle tipiche murrine e le miniature come i Canaletto, ispirate ai vedutisti veneziani, la portata calda è quella dei due atti: Alta Moda e Alta Sartoria.
La prima si è svolta in Piazza San Marco, dove i Dogi accoglievano capi di Stato e ambasciatori; oggi Stefano e Domenico aprono le porte a star internazionali con famiglia al seguito, da Jennifer Lopez a Heidi Klum. L’Alta Sartoria ha chiuso i tre giorni veneziani tra stupore e imprevisti causa maltempo, ma l’opulenza della passerella a pelo d’acqua sul Ponte dell’Arsenale ha avuto la meglio.
Alta Moda 2021 si reinterpreta con la cultura e l’artigianalità
Si può senza dubbio parlare di armonia sinestetica ed espressione del “Fatto a mano” osservando le creazioni realizzate dai couturier; velluti, broccati, ricami, sete preziose e dettagli in vetro e cristallo non sono mai stati così in simbiosi. Ogni abito ha la capacità di raccontare una storia, e tra i dettagli in cui riecheggiano simboli sacri e altri in cui emerge fortemente l’architettura barocca, le modelle iniziano a calcare la lunga passerella sulle note di Vivaldi e Puccini, con indosso trionfi di organza, georgette, tulle dipinto a mano, cristalli e paillettes, a dimostrazione di quanto la moda possa unire creatività e sperimentazione.
La realizzazione di questa collezione ha necessitato di un lungo percorso all’interno del quale gli stilisti hanno interpellato la storia di Venezia, traendo ispirazione dal Tintoretto e dal Casanova, ma anche dal Carnevale, cercando di assopire la volontà di qualcuno di trasformare la città lagunare in un canale di gondole, cancellandone la bellezza eterea.
Cento sono gli abiti, e ognuno ambisce a lasciare un ricordo. Siamo stati messi di fronte a una parata di stili diversi tra loro, conciliabili a ogni fascia d’età. Abiti dai colori raggianti con dettagli cut-out sulle spalle e minidress luccicanti, broccati metallici per le minigonne e pantaloni, bluse dalle maniche a sbuffo che terminano con le cupole della Basilica e come le maschere del Carnevale, alternate a colli scultorei richiamanti il Settecento e vestiti tinta unita. Le sete preziose utilizzate per i maxi blazer, che si ispirano alle divise dei capi di Stato della Repubblica di Venezia, si sono interfacciate con gli slip dress in stampa arazzo e al maestoso mantello animalier, rigorosamente indossato con una maschera sugli occhi. Il mistero che affascina.
Durante la sfilata il riecheggiare i caleidoscopici vetri di Murano ha sottolineato il concetto di bellezza e unicità. Il vetro è stato ampiamente usato; l’abito con le cannucce in vetro, la scarpa con la tomaia dove il tacco appare come un bicchiere rovesciato e un impensabile abito scultura replicante la Torre dell’Orologio, completamente ricamata in vetro. I richiami alla bellezza veneziana non finiscono qui, perché Stefano e Domenico presentano anche tubini in satin imbottiti che mimano le funi degli ormeggi o le cappe, riproduzione dei mosaici bizantini di pareti e pavimenti della Basilica, icone e simboli legati a una lunga tradizione.
L’intera collezione Alta Moda emette suoni sofisticati, ma c’è un abito che ne contiene l’essenza. La “petite robe noir”, l’uscita settantadue per la precisione. I due couturier raccontano che nella semplicità di un motivo a rete è stato ricamato il Leone simbolo della città, il “pettine di ferro” che forma la prua della gondola, gli archi decorati di Palazzo Ducale, lo stendardo rosso con il leone alato in giallo, la maschera in pizzo che usavano le dame all’epoca di Casanova, una briccola bianca a righe rosse, tutto realizzato con ben tre diverse tecniche, collage, patchwork e ricami.
Alta Sartoria 2021: l’arcobaleno corona un quadro memorabile
Impossibile immaginare una conclusione come quella della giornata dedicata all’Alta Sartoria. Nel bacino del Ponte dell’Arsenale, noto punto di riferimento per le imbarcazioni che partivano alla conquista di nuove terre e luogo cardine per i mercanti veneziani, bramosi di conoscere le culture dei mondi lontani e farle dialogare con le proprie, Dolce & Gabbana ha fatto sfilare la proposta maschile.
Realizzare capi da uomo non è cosa assai facile, se si parla di Alta Sartoria poi, le cose si complicano in un baleno. Le forme nette e pulite sono un’arte, e gli stilisti le hanno volute enfatizzare con ricami e decorazioni ad hoc, con l’intento di abbattere il confine tra womenswear e menswear, ormai quasi desueto.
Addio completi grigi, ora le linee basic si rivestono di canottiglie per ricreare l’effetto dei calici di vetro multicolor; stesso discorso vale per le camicie, mentre le evidenti sfumature che ricordano il tramonto sono frutto del pressing delle foglie d’oro zecchino sul tessuto. Icona di questa collezione è senz’altro il pezzo sinonimo di opulenza che ha chiuso la sfilata: una cappa che ha richiesto ben nove mesi di realizzazione, interamente ricamata con un panorama che si estende da Piazza San Marco e Rialto.
L’Alta Sartoria 2021 riprende molti dettagli dall’Alta Moda, si tratti di ricami o applicazioni o ancora nuances. I millennials vogliono qualcosa di unico nel loro guardaroba, desiderano essere manager in carriera senza doverlo gridare al mondo attraverso un diktat che la società ha imposto per anni.
Denominatore comune: saper fare italiano tra tradizione e modernità
Stefano Gabbana e Domenico Dolce sarebbero capaci di qualunque cosa pur di tenere alto il tricolore, nonostante il vento non sia sempre in poppa e le difficoltà di un mondo ancora troppo legato ai canoni del passato accompagnino spesso le loro giornate.
Questa kermesse durata ben tre giorni è stata una dimostrazione di questo loro incondizionato amore. Celebrare i 1600 di Venezia, una città romantica e sensuale, ma anche malinconica e gioiosa, sacra e profana, razionale e visionaria, con qualcosa di unico, in grado di restituire alla città quella gloria e quell’eterea bellezza estetica di cui è meritevole, la stessa impossibile da leggere nei documenti, tanto meno nelle immagini dei tempi moderni.
Con una lacrima agli occhi, Chapeau Stefano e Domenico! Grazie per aver riportato in auge ancora una volta una meraviglia d’Italia.
di Agnese Pasquinelli