A chiudere la Settimana della Moda di Milano è Gucci, con un Alessandro Michele (Creative Director del brand) particolarmente ispirato e desideroso di portare in passerella il suo pensiero sul concetto di libertà di espressione legata al mondo del fashion.
Alessandro Michele sfida il potere
La location scelta, l’headquarter di Via Mecenate, in occasione del fashion show ha assunto una veste inusuale. Per rendere chiaro lo scopo di Michele, questo spoglio palazzo è stato trasformato in un vero e proprio spazio clinico, asettico, con luci a neon accecanti e sedie in plexiglas, tipiche di una sala d’attesa. Un’ambientazione perfetta per la prima “polemica” che ha voluto lanciare il designer, facendo sfilare 60 outfit oversize, alludendo a camicie di forza, in avorio o bianco, a dimostrazione che di quanto la società voglia imporre le proprie idee e tarpare le ali a coloro che amano giocare (anche) con la moda; in questo caso obbligando la gente ad indossare delle uniformi che non rappresentano la personalità di ognuno.
Si chiama omologazione, e Gucci vuole andare contro tutto questo, cercando nella moda quella libertà d’espressione perduta, esaltando la diversità e spingendosi oltre, sino all’idea di doverla far “essere una sorta di orgasmo”. Per Alessandro Michele si tratta di una vera e propria battaglia, tanto da scrivere sulle borse “Gucci Orgasm”, perché secondo il designer “seguire la moda ha anche quel lato velato, al limite del sadomaso”.
Gucci SS20 collection
Terminata la sfilata di ribellione, lo spazio asettico cambia nuovamente aspetto, mutando in un aeroporto con un nastro trasportatore sul quale le modelle camminano velocemente. Dettaglio, quest’ultimo, che rende l’idea della velocità con cui le cose mutano intorno a noi e, perché no, magari Michele sperava di lanciare un ulteriore messaggio, quello di affrettarsi a cambiare tutti i diktat che ci vengono imposti quotidianamente.
La collezione Spring/Summer 2020 è forse una delle più audaci e sensuali disegnate da Alessandro Michele dalla sua entrata in Gucci nel 2015. Il nastro trasportatore accoglie una collezione Uomo/Donna ispirata agli anni ‘70 e al mondo del vintage, come si nota dalle cravatte tipicamente Yuppies. Lustrini e paillettes per gli abiti lunghi; presenti anche modelli sottoveste e body luccicanti muniti di guanti lunghi in pelle, senza tralasciare il richiamo allo stile minimalista di Alessandro Michele con pantaloni a gamba svasata, top in voile e abiti gender fluid.
Tutti i capi giocano all’interno di una palette di colori molto estesa, che varia dal blu in tutte le sue sfumature, alle tonalità della terra, lasciando posto anche a total black e tocchi metallici. A completare la nuova collezione Gucci non sono mancati i soprabito, d’effetto grazie alla vivacità dei colori pastello, e capi di leva sportiva che richiamano il barocco e il pop.
Anche gli accessori dicono la loro
Gucci da sempre è amato dai più in particolar modo per le borse, essenziali e portabili con tutto. Dei veri pezzi easy-to-wear. I modelli non si discostano dalle collezioni precedenti, ci sono infatti zaini, bauletti in pelle o in tessuto GG, e borse a spalla che si accompagnano perfettamente con choker in vinile, collane e spille ricoperte di strass. Durante la sfilate, un accessorio che spicca, e che senza dubbio diventerà un must have per la prossima Spring/Summer 2020, è lo spinto occhiale da sole 70’s con maxi catena.
La sfilata di Gucci vuole fare scalpore e non impiegherà molto a far parlare di sé, dalle camicie di forza (ovviamente non saranno in collezione) ai frustini cari alla tradizione equestre che Alessandro Michele ha voluto in passerella per rendere l’idea del sadomaso in salsa chic. La sua SS20, dice il designer, è una collezione elegante che non vuole alludere all’essere sexy, ma vuole essere una promessa del fatto che le cose devono cambiare. Per rendere più chiaro il concetto è stato citato il filosofo Foucault e il suo concetto di biopolitica, invitando ad incoraggiare la nascita di personalità mai viste prima, nuove, che possano far la voce grande contro le norme sociali.
di Agnese Pasquinelli