Moschino AI 2025-26: quando il caos diventa arte

Un mix di caos organizzato, ironia tagliente e couture che si diverte a non prendersi troppo sul serio

a cura della Redazione

Decostruire per ricostruire: ecco la chiave della collezione Autunno/Inverno 2025-26 di Moschino. Adrian Appiolaza, alla sua prima prova con la maison, raccoglie l’eredità di Franco Moschino e la trasforma in un gioco sartoriale audace e intelligente. Il risultato? Un mix di caos organizzato, ironia tagliente e couture che si diverte a non prendersi troppo sul serio.

La collezione parte da un’icona d’archivio: l’abito Mannequin del 1992, pensato come se fosse ancora in lavorazione, con il logo Moschino al posto del classico Stockman. Da lì, Appiolaza costruisce un nuovo linguaggio stilistico, smontando e ricomponendo blazer, cappotti e completi con tagli netti e stratificazioni. Il messaggio è chiaro: la moda è un processo, mai un punto d’arrivo.

Ma Moschino è anche ironia, e questa sfilata non delude. Gli accessori rubano la scena: borse a forma di piatto di spaghetti, barchette di carta e botti di vino, orecchini-lampadina e spille Polaroid. Il tutto condito da un non-logo che gioca con il concetto di imperfezione, con la scritta “The love we trust” a scompigliare i bordi sartoriali.

Il gran finale? Un tributo a Franco e al suo impegno sociale: capi ispirati ai sacchi della spazzatura e una T-shirt oversize con la scritta SOS Save Our World. Perché la moda, quando è fatta bene, non è solo estetica, ma anche un manifesto per il futuro. E Moschino, ancora una volta, lo dimostra dalla A alla Z.

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