Colonne di fumo, fuochi ed effetti pirotecnici appena fuori dal Palais de Tokyo. Tre boule sono in cielo sollevate dal braccio di una gru, un momento dopo si infiammano e poi cadono nella grande vasca d’acqua.
È questa atmosfera con la quale lo stilista presenta al pubblico la sua nuova collezione Menswear Primavera/Estate 2023. Con la collezione che prende il nome di EDFU, come il tempio egizio del 2700 a.C dedicato al dio falco Horus, il designer vuole portare l’attenzione a qualcosa di molto importante e che riguarda tutti noi; vuole testimoniare la necessità di una riflessione sulle rotture e i conflitti mondiali.
Il viaggio che ha ispirato la collezione
«Di recente, mi sono ritrovato in Egitto, dove ho trovato grande conforto nella lontananza e nella portata della sua storia», ha spiegato lo stilista. «Le mie preoccupazioni personali e il disagio che sta vivendo il mondo globale sembravano insignificanti di fronte a quel tipo di atemporalità. Davanti a quei templi iniziati da una dinastia, continuati da un’altra e completati da un’altra ancora mi hanno dato la dimensione della loro permanenza stoica. Siamo tutti così disturbati dalla guerra e dal costante linciaggio che avviene online sui social che mi è venuta l’idea di proporre una disciplina», scrive Rick Owens per raccontare la genesi della sua collezione.
La capacità dei creativi si valuta quando denunciano la loro referenza e la eseguono in maniera tutt’altro che didascalica fino a mettere chi guarda nella posizione di immaginare a sua volta: è quanto succede con Rick Owens.
Questo stato d’animo, queste parole e questi sentimenti hanno portato lo stilista a disegnare una collezione che, senza smentire le sue precedenti, lascia tutti a bocca aperta; a partire dalle silhouette fuori dagli schemi fino a tutta l’ambientazione che circondava l’evento davvero sensazionale.
Forme esagerate che rubano la scena
I volumi estremi sono ritornati, soprattutto sulle spalle alte dei top che vengono accompagnati a giacche sartoriali. Tra i trend del momento, pantaloni cargo con l’orlo che supera la lunghezza delle gambe innalzate sulle platform delle scarpe.
E poi ancora, cappotti e giacche in chiffon sospeso su spalle trasparenti in rete rigida. Come trasparenti sono le jacket, le camicie e jeans in «apparition leather», una pelle di mucca che grazie a processi di concia e asciugatura assume un finish trasparente.
Top attillati si alternano a tagli ampi che volano lontano dal corpo. Le shirt si attorcigliano sui fianchi, si allungano e strisciano a terra. «Il mio soggiorno in Egitto mi ha portato a ideare tuniche di tulle con cappucci che coprono il viso», ha continuato Rick Owens.
Fino a questo momento il colore predominante era il nero, poi tutto d’un tratto arriva il colore, che ricorda gli scarabei iridescenti, giallo, rosa, verde e viola. Prima del finale, sfilano due modelli in khat di rete di nylon, un copricapo ampio indossato dalla nobiltà, uno in giallo e l’altro in rosa.
Una nota doverosa va fatta alle collaborazioni dello stilista: una con la storica azienda tessile Bonotto fa sì che tutte le stoffe siano tessute sui loro telai vintage degli anni ‘50, e una seconda partnership con il marchio parigino Paradoxe, che lavora artigianalmente sul denim.