Cosa sarebbero i Blues Brothers senza il loro cappello? O Charlot senza la bombetta?
La Triennale di Milano, fino al 20 marzo, ospita una mostra che parla con immagini impresse nella storia del cinema grazie ad un accessorio: il Borsalino.
All’azienda alessandrina, che produce dal 1857, si deve l’invenzione del cappello di feltro entrato ormai nell’immaginario collettivo e conosciuto come “Borsalino” per antonomasia.
Il percorso della mostra, sfruttando il binomio centenario tra cinema e cappello, vuole raccontare la storia di questo gioiello del made in Italy, ripercorrendo le tappe cinematografiche che ne hanno fatto un vero e proprio simbolo sociologico. Indossando un cappello si può cambiare totalmente e dare un tocco distinguibile alla propria immagine. Il cappello può definire ruoli o stili, “nessun altro segno che siamo soliti depositare sul nostro corpo è così capace di generare storie racconti fantasie e illusioni” (Gianni Canova, curatore della mostra).
Tante piccole sale cinematografiche installate che proiettano di volta in volta cappelli comici, erotici, quelli che spaventano e quelli che fanno piangere, portando così ad una nuova consapevolezza nell’indossare un copricapo. Fino ad arrivare ai film culto per l’azienda Borsalino: Borsalino e Borsalino&Co interpretati da Alain Delon e Jean Paul Belmondo, rispettivamente del 1970 e del 1974 di Jacques Deray.
Tutto finisce dove è inziato, con un documentario storico per l’industria italiana del 1912 voluto dall’azienda Borsalino per la regia di Luca Comerio.
Restaurato per l’occasione, questo documento rappresenta l’ennesimo fiore all’occhiello del marchio, che presenta le fasi di produzione del cappello in veste di vera e propria fiction.
Indossare un cappello avrà un significato diverso, che potrà cambiare la personalità e tutte le storie che vorremmo narrare al mondo.
Luana Lupacchini
“Il cinema con il cappello. Borsalino e altre storie”.
Triennale di Milano, viale Alemagna 6
Ingresso liberoFino al 20 marzo 2011