“Anche i costumi recitano la loro parte nei film” narra lo storico della moda Kevin Jones, “Sono la prima cosa che parla al pubblico”. Mise leggendarie che aleggiano utopisticamente nei nostri ricordi. Indimenticabile il tubino nero ideato da Givenchy per la dea della raffinatezza, Audrey Hepburn, in “Colazione da Tiffany”. Come, d’altro canto, traspare inattuabile, non restare folgorati e magnetizzati, dal fluire inesorabile di candidi ondeggianti plissè di William Travilla, soffocati soavemente dall’ormai celebre Marilyn Monroe in “Quando la moglie va in vacanza”. Scene implementate indelebilmente nella mente di ognuno di noi. La storia della moda s’intreccia con il cinema per costituire all’unisono rappresentazioni d’arte imperiture. “Re” Giorgio Armani, è divenuto tale nel mondo anche grazie a Richard Gere che, in “American gigolò”, compose accostamenti di stile tra giacche e cravatte balzate fuori dall’ingegno creativo nostrano. Perfezione recente di distinta maestria è apparsa in “Espiazione”, concretizzandosi in una Keira Knightley che risplende con disinvoltura nel lungo abito di seta verde di Jacquelie Durran.
Lo scorrere della pellicola cinematografica ci conduce verso spiagge del film “ 007- Licenza di uccidere”, dove l’intramontabile bikini perlato ritraeva tra le onde assolate, l’irripetibile Ursula Anderss. Nessuno escluso.
Lo stesso Dior è stato il costumista di plurime attrici come Ava Gadner, Mirna Loy, Olivia De Havilland.
Un turbinio di linee e tagli sartoriali, che ornano gli schermi e alimentano la brama, dei nostri armadi sconfinati, dicustodirli fatalmente al loro interno.
Chiara Melani