Dall’incontro di due vecchi amici nasce Dior Tears, la capsule collection firmata Kim Jones e Tremaine Emory che a suon di jazz unisce la manifattura francese allo stile afro-americano.
Pop-up immersivi
Le lacrime di Dior, gioco di parole permettendo, sono sicuramente di felicità, visto il frutto di questa unione che ha dato vita ad una serie di pop-up sparsi in tutto il mondo (Londra, Tokyo, Seoul, Shanghai).
Riconoscibile dall’installazione di enormi gonfiabili con il logo floreale della capsule, opera dell’artista Azuma Makoto che il cliente è invitato a scoprire attraverso un QR Code, è ricreato un luogo domestico, una living room dove si sussegue musica in un’atmosfera vintage e familiare. Qualcosa che può somigliare al Cafè de Flore di Parigi negli anni Cinquanta, quando essere uno scrittore afro-americano in quell’ambiente ti faceva sentire accettato mai prima d’ora. Ed è quest’asse America-Francia che i due stilisti hanno cercato di ripercorrere e onorare grazie a Denim Tears.
I pattern della collezione
Denim Tears riveste accessori iconici come la Saddle bag, il Dior Lingot e le sneakers B33 nella tela di Genova che del suo color mare ne fa palette predominante della collezione. Base di ogni guardaroba, il denim è anche il tessuto delle rivoluzioni, e questa collezione racchiude i canoni stilistici dei musicisti jazz del periodo e delle prime rivendicazioni sui diritti civili degli afro-americani, riletti in chiave contemporanea. È così che dei segni della pace diventano pattern e fibbie sulle cinture, insieme a righe multicolor e macro check su t-shirt, felpe, salopette, jeans e bermuda che compongono look ultimati da monili in finitura color oro e malachite verde e cappellini in crochet.
Un incontro eccezionale tra arte, epoche, culture e persone che solo la moda riesce a farci scoprire.