Land Art. La corrente artistica si sviluppa intorno al rapporto dell’artista con l’ambiente che lo circonda, sia esso naturale o artificiale
Siamo alla fine degli anni ’60, in un’America squassata dalla guerra del Vietnam e in un Occidente che vede nello Stato un’autorità sempre più effimera, mentre nuove tecnologie e consumismo cominciano la loro sfrenata corsa. L’arte non è esente dai cambiamenti che attraversano il mondo, e sono sempre più gli artisti che sentono l’esigenza di andare oltre le convenzioni, dando così vita a nuove espressioni che coinvolgono un pubblico più vasto e composto non più da soli esperti. Tra queste troviamo la Land Art, o arte ecologica.
Land Art: l’ambiente è la tela su cui dipingere
Da New York agli spazi incontaminati del grande Ovest statunitense, ecco i luoghi in cui nasce e si sviluppa la Land Art, a partire dal 1967-68. I principali esponenti di questa corrente artistica, che si autodefiniscono “fanatici della natura” e desiderosi di portare l’arte fuori dalle mura delle gallerie e degli atelier, si muovono tra praterie sconfinate, deserti e laghi salati, con l’obiettivo di mostrare i contrasti e le dissonanze di un’epoca, per certi aspetti, drammaticamente complessa.
Tra i principali esponenti della Land Art troviamo Robert Smithson, che nel 1968 inaugura una mostra in una galleria newyorkese, dal titolo Earth Work. Da lì nasce il soprannome Earth Workers, con cui si identificano gli esponenti della Land Art. Tema della mostra è il patrimonio ambientale americano e lo sfruttamento del suolo: per raccontarlo, alcuni degli artisti realizzano installazioni talmente mastodontiche da essere intrasportabili, per cui le mostrano attraverso filmati e fotografie. Ed è proprio la grandiosità delle opere realizzata dai Land Artist ad accomunarle tutte, mettendo in evidenza lo strettissimo rapporto dell’uomo con la natura, qui parte integrante e fondamentale della creazione.
Ma la natura è anche colei che domina sugli Earth Workers con la sua potenza inarrestabile e la sua forza inesauribile, che ci ricorda sempre il nostro essere piccoli e volubili nei suoi confronti. Aggressione e istinto di protezione verso l’ambiente convivono nella Land Art, corrente artistica in cui i grandi spazi autenticamente naturali vengono manipolati, a volte violati, ma al tempo stesso questa manipolazione avviene solo usando materiali provenienti dalla natura.
La Land Art in Italia
Tra gli esempi più conosciuti di Land Art nel nostro Paese c’è sicuramente il Grande Cretto, realizzato a partire dal 1985 dall’artista italiano Alberto Burri. Il cretto sorge su quella che un tempo era la città di Gibellina, distrutta per sempre dal terremoto del Belice del 1968. Ottantamila metri quadrati di cemento bianco ricoprono i detriti della cittadina, compattati in modo da ricostruire quelli che, prima della tragedia, erano i suoi vicoli e i suoi viali, e oggi, visivamente, ricordano le spaccature della terra, tipiche dei cretti ambientali.
Altrettanto famosa in Italia, in tempi più recenti, è l’installazione realizzata dal celebre Christo sul Lago d’Iseo, la famosissima “The Floating Piers”, passerella in polietilene ad alta densità che ha collegato, dal 18 giugno al 3 luglio 2016, la cittadina di Sulzano al Monte Isola. Visitata da oltre 1,5 milioni di persone, l’opera di Christo ha permesso letteralmente di camminare sull’acqua, su una passerella ricoperta di tessuto color oro in grado di cambiare colore a seconda del suo stato, se umido o asciutto, in ombra o al sole. Una volta chiusa la visita al pubblico, tutte le componenti dell’opera sono state smaltite e, ove possibile, riciclate.
di Martina Porzio