“Mi sono chiesto: se dovessi fare il migliore album di canzoni che possa fare, quali canzoni metterei? La risposta: quelle che non ho scritto io, ma avrei voluto”.
Storie di artisti, amicizie e canzoni che hanno fatto la musica internazionale. Zucchero Sugar Fornaciari racconta e si racconta dal vivo con il primo progetto di Cover della sua carriera. Parla di Elisa, Mahmood, Bono, Bocelli, De André, dei Måneskin; poi delle sue sensazioni e di sé. Discover esce il 19 novembre 2021 ma i retroscena del nuovo disco ce li ha già raccontati.
Milano, 16 novembre 2021. Al The Sanctuary, in zona Lambrate, i presenti aspettano l’arrivo di Zucchero per la conferenza stampa su Discover. La luce fredda del sole d’autunno non riesce a mischiarsi a quella calda delle candele, l’atmosfera spirituale dai toni sabbiati ha accenti di vimini e frange qua e là. Tra tavoli di legno e mura industriali si crea una platea di sedie e giornalisti, tutti guardano la parete su cui poggia una grande porta socchiusa, suggestiva e decorativa quanto basta. Davanti, un tavolino in pietra e una seduta vuota: lui non c’è ancora.
Con Amore adesso inizia l’ascolto del disco, seguono: Canta la vita (con Bono), The scientist, Wicked game, Luce (con Elisa), Follow you follow me, Natural Blues (con Mahmood), Fiore di maggio, Human, Con te partirò, High flyin Bird, Ho visto Nina volare (con de André). Sono queste le canzoni che Zucchero ha scelto di interpretare nel suo nuovo album. Qualcuno si commuove, altri tengono il ritmo con il piede e una ragazza scarabocchia sul foglio della rassegna stampa.
Quando si dissolvono anche le note di Lost boys calling, però, gli occhi sono ormai tutti rivolti alla porta d’ingresso. E dopo l’annuncio, Zucchero entra con un vento di applausi e ci accoglie con la naturalezza dell’amico che aspettiamo per cena. Racconta che scegliere queste 13 canzoni non è stato facile. È partito da 500 titoli, per poi farsi guidare dall’amore per la musica afroamericana e dalle sue radici: la melodia italiana.
Viene il tempo delle domande.
In Ho visto Nina volare c’è un commovente duetto virtuale con de André, com’è nata l’idea?
«Devo dare atto a Dori Ghezzi, lei mi disse che avrei potuto farla mia e aveva ragione. I mondi musicali erano piuttosto distanti tra me e Fabrizio ma, sarà per il ritmo o la sensualità che c’è, io in questa canzone mi ci sono ritrovato. Ho cercato di farla mia e quando l’abbiamo riarrangiata ho pensato di inserire la sua voce. Non è un duetto canonico, è più un cameo. Ad un certo punto, in un momento preciso, ho sentito l’esigenza di fare entrare la voce originale di Fabrizio, per farmi dire “Wow!”. Quando arriva, c’è un’enfasi molto particolare. È come se arrivasse un vento caldo, bello, sulle spalle, dietro la schiena, che poi mi fa andare in ottava. È come se la sua voce fosse uno strumento, un colore».
Su Natural Blues, com’è nata la collaborazione con Mahmood e come mai questo brano?
«Fin dalla prima esibizione che ho avuto modo di vedere ho pensato che Mahmood fosse molto dotato vocalmente, che fosse un talento e che avesse un modo di interpretare e un timbro della voce molto soul. Ha questa padronanza di volteggiare con grappoli di note molto fluidi e spontanei. Quando ho avuto modo di lavorarci in studio ho avuto la riprova, se ce ne fosse bisogno, che è veramente dotato e che la sua voce, per me, è soul, nei fraseggi che fa. La canzone l’ho fatta scegliere a lui, gli ho mandato 5 o 6 brani e lui ha scelto questo».
Canta la vita è la versione italiana di Let your love be know, brano composto da Bono mentre l’Italia cantava sui balconi durante il lockdown del 2020. Quali retroscena?
«Ho scoperto questa canzone su YouTube, per caso, una mattina. Ho apprezzato subito il testo e quello che Bono ha detto in un’intervista: era stato ispirato dagli italiani che avevano lo spirito di volgere in positivo una situazione difficile. Parlava del lockdown in modo non patetico né drammatico, così gli ho chiesto di poter fare l’adattamento in italiano. Poi, quando ho pensato di inserirla in Discover, ci siamo scritti e sentiti. Gli ho chiesto di fare un cameo e non solo mi ha mandato la voce principale ma ha fatto anche tutti i cori armonizzati. Quando faccio le canzoni che scrive insieme a me è un coach, non molla, mi dice: “Zucchero puoi fare di più, in questo punto hai calato di tensione”. E io gli do retta perché, molto spesso, ha ragione».
Con te partirò, come mai hai scelto di interpretare questa canzone di Andrea Bocelli e non Il mare calmo della sera che hai co-scritto?
«Sono molto legato a questa canzone. A quel tempo, avevo scritto Mare calmo della sera con cui Bocelli aveva vinto Sanremo giovani. L’anno dopo andava nei Big. Venne a casa mia, a cena, e non era molto convinto di questa canzone, c’era qualcosa che lo frenava. Quando l’ho sentita gli ho detto: “Tu sei matto, ha una melodia straordinaria”. Ricordo che siamo rimasti in piedi fino alle cinque e alla fine si è lasciato convincere. Negli anni, ho sempre pensato a come l’avrei fatta io e quando dovevo scegliere le canzoni in italiano per Discover, quella era una melodia italiana bellissima che ha fatto il giro del mondo. Ho provato a farla minimalista quasi per sfizio, levando tutta la grande orchestra e la produzione imponente. L’ho fatta un po’ più intima e mia. Mi è piaciuta e ho deciso di metterla».
Luce è la canzone con cui Elisa ha vinto Sanremo, c’è qualche aneddoto che ti sta particolarmente a cuore?
«A proposito di Luce, quell’anno mi chiamò la Caselli dicendomi che voleva mandare Elisa a Sanremo, ma lei a quei tempi non voleva cantare in italiano. Mi disse: “Te la manderei domani, tu sei quello che riesce a far suonare l’italiano come l’inglese, quindi, può darsi che lei si convinca”. Il giorno dopo lei arrivò, si presentò con “Ciao sono Elisa ma a Sanremo non ci vado, non canterò mai in italiano”. Gli ho detto di fare un giro al mare, e feci l’inciso. Quando tornò mi disse che l’inciso era bello ma che lei a Sanremo non ci sarebbe andata. Poi, sono partito per San Francisco a fare il mio disco. Alla serata finale di Sanremo ci siamo fatti mettere un grande schermo nello studio, un po’ come quando ci sono i mondiali, e vedere lì che lei aveva vinto con Luce è stato davvero emozionante».
E sui Måneskin?
«Appena li ho visti a Sanremo e agli Eurovision gli ho mandato subito i complimenti. Sono un fenomeno, hanno inanellato componenti fondamentali e riempito un vuoto che c’era con questo rock trasgressivo, irriverente. Un’immagine fortissima che è servita a riprendere in mano quella che doveva essere la funzione di un rock che in quel momento era un po’ annacquato, un po’ troppo politically correct. A me piacciono molto, non vedo l’ora di sentirli dal vivo».
E alla domanda sui giovani talenti Zucchero risponde: «Verso la fine di questo disco volevo fare Honky Tonk Women dei Rolling Stones con loro ma erano in giro e non avevano tempo. Quindi potrei scrivere per i Måneskin, non sarebbe male!».
Non solo musica. Zucchero presterà la voce a Clay Calloway nel film di animazione Sing 2: «ho dato la voce a questo leone, una rockstar che non vuole tornare più in scena. È perfetto per me, mi ci vedo in lui: un po’ burbero e scoglionato, ma anche generoso, tenero e che si emoziona ancora a tornare sul palco dopo tanti anni».
Grazie Zucchero per la tua musica e la tua assoluta umanità punteggiata da sorrisi e ironia. In fondo, cosa c’è dentro a un disco se non trecce di vita?
di Camilla Mantovani