Cathy La Torre nasce ad Erice (provincia di Trapani, Sicilia) e costruisce la sua carriera a Bologna, dove si trasferisce per frequentare l’università di giurisprudenza. La città la alleva dandole la possibilità di diventare consigliera comunale nelle file di Sinistra Ecologia Libertà. Cathy è specializzata in diritto antidiscriminatorio con un’attenzione particolare ai diritti della comunità LGBTQI e all’identità di genere.
Raccontami la tua storia. Hai dichiarato che volevi fare l’avvocato da quando hai 9 anni. Qual è stato il fattore che ti ha spinta maggiormente?
Senza ombra di dubbio la terra e il posto dove sono nata. Il luogo dove sono cresciuta mi ha condizionata nella ricerca della giustizia: ho vissuto gli anni dello stragismo della mafia e il mio paese era il centro di una lotta tra famiglie. Questo ha indubbiamente intensificato la mia visione di cosa è giusto o ingiusto. Poi sono cresciuta e, prendendo consapevolezza del mio orientamento sessuale, ho iniziato a fare i conti con le discriminazioni…da lì ho capito che volevo proprio fare quello che sono riuscita a fare.
Da dove nasce l’intuizione di usare i social per avvicinare le persone a temi di natura giudica? A chi ti vuoi rivolgere?
Ho iniziato ad usare i social 10 anni fa con Facebook e da circa un anno sono approdata su Instagram. Ero dell’idea che se facevi una cosa e non la comunicavi era come non farla. Ho capito che i social potevano avere il ruolo di divulgare il diritto in modo accessibile, e io lo faccio ogni giorno con un linguaggio semplice e altamente comprensibile.
Sei approdata in libreria con il tuo primo libro «Nessuna causa è persa». Qual è il tuo progetto a lungo termine?
Il libro racconta la storia di persone che hanno lottato contro grandi ingiustizie. Raccontando queste storie io racconto anche la mia, quella che si intreccia con la loro. Il libro racconta di Ada, la prima giurista cieca a sostenere l’esame per diventare magistrato. Non era mai successo prima perché si pensava che chi non vede non ha la capacità di giudicare. Il libro racconta anche della battaglia di Michele, nato Michela, che ci ha messo 40 anni per arrivare alla consapevolezza della transizione di genere dopo una vita piena di difficoltà tra il carcere e l’AIDS. E alla fine, quando ha deciso di farlo, la sua vita è cambiata e oggi è diventato l’attivista trans più famoso in Italia. Attraverso le loro storie volevo lanciare un messaggio di non rassegnazione. “Nessuna causa è persa” è come un monito che ci dice che anche quando ci fanno sentire delle cause disperate e perse, siamo degni di essere ascoltati.
Cosa significa essere un avvocato e affrontare tematiche di attualità in un mondo permeato da fake news? Ti senti la responsabilità di essere una figura di riferimento nello scenario dell’informazione?
Gli avvocati normalmente non fanno informazione, ma esercitano il diritto di difesa. Io ho scelto di fare una divulgazione che tenesse in considerazione il fatto che per me la politica è tutto: qualsiasi nostro gesto è politico. La responsabilità che sento è quella di non essere una cattiva agente dell’informazione e quindi non promuovere notizie senza averle prima verificate. Può capitare a chiunque di non dare informazioni corrette, ma scusarsi è fondamentale. Il valore della scusa sta nel fatto che si riconosce che la verità dell’informazione è il valore assoluto.
Cosa ti capita di pensare quando ti imbatti in fake news sul web?
Molte volte, con pazienza, cerco di smontare le notizie di propaganda con dati e fonti che dimostrano che si tratta di una fake news: la stragrande maggioranza dell’informazione digitale e non digitale ne è contornata. Molto spesso non si tratta neppure di fake news, ma di propaganda.
Ti dedichi spesso alla difesa dei più deboli, alle ingiustizie, a dar voce alle cause meno discusse e questo ti ha reso indubbiamente il personaggio che sei oggi. Quali sono le tematiche che ti stanno più a cuore?
Ho capito che nell’era in cui viviamo non c’è più una separazione netta tra online e offline, però al tempo stesso le tutele di legge che abbiamo nella nostra vita online sono ancora pochissime. Spesso, ad esempio, parliamo di revenge porn, ma non si dovrebbe parlare così perché il reato non permette certe ipotesi. La mia missione in questo momento è fare in modo che sempre più reati o fatti illeciti che avvengono online possano essere comunque combattuti.
Come affronti la tua professione nel mondo di Instagram?
Ricordiamo, innanzitutto, che sono un avvocato. Ognuno di noi affronta la professione nel modo più vicino alla propria essenza, ma quello che ci accomuna tutti è: rispettare il diritto deontologico, servire la giustizia e la gestione sociale dell’avvocatura. Io rafforzo il mio ruolo usando i social e parlando con un linguaggio semplice. Mi rendo conto di essere diversa, ma alla fine siamo tutti avvocati. Io mi vesto e parlo in modo diverso ma poi la voce è sempre quella.
Ringraziamo Cathy La Torre per la sua disponibilità e gentilezza, augurandole il meglio per tutti i suoi progetti futuri!
di Martina Tronconi