“Goblin”: DrefGold si racconta nel suo nuovo album

DrefGold, mosca bianca della trap italiana, si distingue per lo stile unico e un mix di suoni internazionali, affermandosi sempre più nella scena musicale italiana

di Angelica Malaguti

Non è facile affermarsi musicalmente nei quartieri di periferia bolognesi, nonostante un’adolescenza travagliata.  Ne sa qualcosa Elia Specolizzi, in arte Drefgold, nato nel salento ma  bolognese d’adozione, classe 1997, che si è affermato come una figura di spicco della scena trap italiana, distinguendosi per la sua preparazione musicale e la sua cura verso ogni dettaglio delle sue produzioni. Con un debutto importante grazie al sostegno di Sfera Ebbasta e Charlie Charles con l’album Kanaglia (2018), DrefGold ha saputo guadagnarsi una fanbase solida grazie a beat ipnotici e rime incisive, sempre orientate all’evoluzione della sua musica e alla sperimentazione.
Il suo secondo album, Elo (2020), lo ha consacrato con collaborazioni di successo come “Snitch e Impicci” ed “Elegante,” mentre negli ultimi anni, con nuove uscite e un tour nazionale, DrefGold continua ad ampliare il suo universo artistico attraverso un mix di sonorità internazionali e collaborazioni con i nomi più influenti del panorama trap e rap italiano.

Come ti senti a questo punto della tua carriera artistica e cosa rappresenta “Goblin” per te?

Dopo tanto lavoro, siamo finalmente riusciti a pubblicare questo nuovo disco, il mio terzo album. Sento di stare maturando e crescendo, imparando molte cose sul mio percorso. Per me, “Goblin” rappresenta un punto di rottura rispetto a quanto fatto finora.

Il titolo ha qualche significato o simbolismo particolare?

Il titolo “Goblin” non vuole essere solo un omaggio al “Goblin” dei film di Spider-Man; è piuttosto un immaginario complesso, un mondo che emerge ascoltando l’album e che sarà percepibile per tutti. Il “Goblin” non si limita al personaggio specifico, ma sicuramente è un omaggio a questa figura.

Ci sono delle tematiche particolari o delle tracce a cui ti senti più legato?

Con il tempo ho capito molte cose, e ho voluto affrontare tematiche più introspettive, che magari nei miei lavori precedenti erano meno presenti o meno approfondite. Tra i brani, sento un legame speciale con “Junkie Bar”, che secondo me rappresenta l’anima del progetto.

Possiamo quindi dire che c’è stata un’evoluzione di stile nei tuoi album? A proposito di questo, tendi a utilizzare metriche e beat meno convenzionali rispetto ad altri artisti: cosa ti spinge verso strade più sperimentali?

Amo offrire qualcosa che esca dalla zona di comfort dell’ascoltatore. Mi piace affrontare tematiche quotidiane, comuni a molti, ma reinterpretarle con il mio immaginario. Per quanto riguarda la scelta musicale, vado semplicemente verso ciò che mi piace. I beat che scelgo sono quelli su cui amo scrivere e registrare. C’è una grande ricerca dietro a ogni scelta, perché non voglio che risulti banale o simile ad altre produzioni.

Tra l’altro, sei uno dei pochi artisti nella scena italiana a curare le proprie produzioni a 360°, inclusi i video. Puoi parlarci un po’ del tuo processo creativo e di come scegli i concept?

Sin da adolescente mi piaceva montare video e questa passione mi è rimasta. Anche se oggi non monto più direttamente i video, mi piace comunque sviluppare le idee insieme al mio team e restare coinvolto in ogni fase del progetto. Quando lavoro ai video, passo sempre tempo con il videomaker per esprimere la mia visione e dare suggerimenti. Vorrei, in futuro, tornare a collaborare più attivamente al montaggio, affiancandomi a un professionista.

Uno dei tuoi video iconici è quello di “Kanaglia”, che richiama influenze americane. Ti ispiri alla scena trap/hip-hop statunitense? C’è qualche artista in particolare che ha avuto un impatto su di te?

Seguo molto la scena trap americana e cerco di non perdermi le novità. Apprezzo vari artisti, tra cui Young Nudy, che con il suo sound e immaginario mi ha influenzato molto. Ho avuto molte ispirazioni, da Kodak Black a Young Thug, passando per Future, il cui ultimo album mi ha ispirato più di altri. Ci sarebbero tanti altri nomi da citare, ma la lista sarebbe infinita.

Oltre alla musica, ci sono registi, film o serie che ti ispirano?

Di recente, mentre ero costretto a riposo per qualche giorno, ho avuto il tempo di dedicarmi a qualche serie. Ho scoperto “Ozark” e, da grande fan di “Breaking Bad”, ho apprezzato molto il richiamo a quell’immaginario. Non riesco a indicare un regista specifico in questo momento, ma sicuramente questa serie mi ha colpito e la consiglio.

C’è un messaggio che vuoi lasciare ai fan che ci seguono?

Andate subito ad ascoltare “Goblin”, out now. Big Komparema, ci vediamo presto in tour in tutta Italia. Let’s go!

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