Ho avuto l’onore di intervistare lo stilista dell’Alta Moda Matteo Manzini Evandro, che mi ha raccontato un po’ di sé, dalla passione per la moda fino alla filosofia del suo nuovo brand, Les Filles d’Eva, senza tralasciare un fattore importante, come riesce ad avere fiducia in questo campo, nonostante tutto.
Non ha bisogno di presentazioni, specie nel mondo del fashion, bensì solo di elogi. Impossibile che non siano capitate nel vostro feed di Instagram le sue creazioni pazzesche. Vi ho incuriosito ancora di più? Sto parlando della quintessenza 2.0 della moda, Matteo Manzini Evandro. Emiliano verace, cittadino del mondo, innovativo e portatore del messaggio che forse non si dovrebbe avere uno stilista di riferimento, perché lo stile rispecchia chi lo crea e non deve essere associato ad altri nomi.
Matteo, quel ragazzo determinato che non ha mai perso la bussola, mentre intorno a sé vedeva il mondo scorrere veloce; talvolta saturo di parole e gesti, ha preferito cavalcare l’onda in sordina, facendo la così nota “gavetta”. Ha fatto bene, dopo aver lavorato per prestigiosi brand è emerso, e ad oggi può vantare un bagaglio di cultura di storia della moda ammirabile agli occhi di tanti suoi colleghi. Le persone come lui, che esecrano l’omologazione e affermano la propria personalità, sono enorme fonte d’ispirazione per me, ed è stato un privilegio poterlo ascoltare, come fossimo amici da sempre.
Domanda a bruciapelo, così per rompere il ghiaccio…rispolveriamo un po’ del tuo passato. Come ti sei sentito quando dalla sera alla mattina ti sei trovato catapultato sulle principali riviste nazionali e non, a seguito dello “scandalo” di Venezia?
Certamente e premetto, come dicono gli inglesi, sex sell! Stiamo parlando del primo Festival al quale vennero invitati i non addetti ai lavori, scelta che di lì a breve è diventata un trend. I due maggiori sponsor stavano investendo sul lancio a livello internazionale di nuovi stilisti emergenti italiani e, avendo io da poco concluso una collaborazione di Alta Moda con Dolce & Gabbana, sono stato chiamato a partecipare. In breve tempo avrei dovuto creare una sfilata per il red carpet di Cannes (nel mese di Giugno) e di Venezia (in Settembre). A Cannes ho dovuto rinunciare, in quanto non avrei fatto in tempo a creare il mio marchio e realizzare, successivamente, una sfilata, così mi sono messo al lavoro per il red carpet di Venezia. Si trattava di un’occasione unica e gli sponsor spingevano sul fatto di dover sfruttare al meglio questo trampolino di lancio, proponendo un qualcosa di non banale, ma di grande effetto.
Ecco quindi che prendono vita 8 abiti couture tutti rigorosamente Made In Italy, realizzati a Carpi con tessuti e sete provenienti dal comasco, e ancora stampe, plissettature, ai quali ho successivamente aggiunto degli spacchi profondi con sotto un body inguinale, che doveva tenere disteso il bustino sui corpi di Giulia Salemi e Dayane Mello, in quanto non vi era possibilità di fare fitting prima del grande evento. Mi sono dispiaciuto però quando, in seguito, la gente ha puntato il dito contro Giulia, commentando in maniera negativa l’abito, reputandolo osé, quando lei ha semplicemente fatto il suo lavoro, la modella, senza avere possibilità di scelta alcuna. Nel momento in cui creo qualcosa, ho sempre davanti a me l’idea di una donna vera, con delle curve e delle forme che rendano omaggio alla bellezza reale. D’altronde sarebbe facile scegliere ragazze giovani, molto magre, alle quali tutto scivola addossa. Voglio che i miei abiti siano vivi.
Quando hai compreso che questa era la strada che avresti voluto percorrere “da grande”?
È avvenuto tutto nella maniera più naturale possibile e posso affermare di essere il tipico esempio di colui che è cresciuto a pane e moda. I miei genitori lavoravano e io trascorrevo il mio tempo nel negozio di abbigliamento di mia zia, dalla quale, essendo nata come sarta, ho appreso tecniche e nozioni che si sono rivelate fondamentali per il mio percorso. Ho sempre assistito a tutte le fasi che fanno sì che un capo prenda forma: dalla scelta dei tessuti, agli ordini scrupolosi dei medesimi, sino allo styling sulle clienti.
Qual è stato il primo capo che hai creato? A chi lo hai dedicato?
Lo ricordo come fosse ieri. Si è trattato di un abito per il diciottesimo di una carissima amica , anzi direi più una sorella, Martina, di Rubiera proprio come me. Doveva essere speciale e le cucii addosso un abito nero da cocktail, monospalla, con una gonna a palloncino, dove una spilla cabochon gioiello teneva stabile un maxi fiocco. Insomma, perfetto per quell’occasione, fondamentale per segnare un passaggio importante della sua vita ma anche della mia, dove ho potuto mettere in atto ciò che ho sempre amato fare.
C’è un guru della moda, sia nell’universo maschile che femminile, a cui ti ispiri?
Umh..allora….no! Nasco come curioso e mi piace studiare, osservando con gli occhi ciò che ruota intorno a me, focalizzandomi sul lavoro che sono riusciti a fare i grandi couturier, dato che io sono stato sempre orientato sull’Alta Moda. Chiudo gli occhi e penso moltissimo a Ferrè, agli anni ’50/’60 con le Sorelle Fontana, tre sarte alla conquista del mondo che hanno dato un impulso vivace al Made In Italy, rivoluzionando il glamour della moda nazionale. O ancora Schiaparelli, i mitici anni ’70/’80 segnati da Lacroix, Ungaro, considerato uno degli ultimi emblemi della Haute Couture più grandiosa e tradizionale al contempo, Saint Laurent e i mitici anni ’90 caratterizzati dal rosso Valentino. La prima cosa comunque che mi sento di consigliare a chi vuole intraprendere la mia strada è quella di studiare, in quanto il lavoro del designer non è fatto solo di styling. Sfogliare le riviste di moda e seguire le sfilate è soltanto un contorno di questo mondo. Per creare bisogna conoscere, perché è solo dal passato che si crea un futuro migliore.
Ci troviamo in un periodo non proprio florido, il tuo stato d’animo influisce sul rendimento lavorativo o, al contrario, ti sprona ad affrontare la vita con una maggiore consapevolezza?
È una situazione che senza dubbio ci ha cambiati o a provato a cambiarci, modificando in primis le nostre abitudini. La consapevolezza deve esserci sempre alla base, e nel mio caso mi piace affrontare le giornate con una carica e un’energia maggiore, stando al passo con i tempi e facendo attenzione a mantenere il giusto equilibrio tra ciò che mi piace e ciò che fa vendere. Attualmente non c’è modo di prender parte a eventi mondani, dunque il web e il mondo dei social svolgono un ruolo fondamentale nella ricerca di nuovi trend che possano far gola sul mercato. Ad oggi è fondamentale creare uno stile casual che rispecchi carattere e personalità, altrimenti se mi mettessi anche io a creare tute come le grandi catene di abbigliamento rischierei di non venderei alcun capo!
Quando si crea, generalmente si ha un punto X, un focus, una visione d’insieme che muta da soggetto a soggetto. Le tue creazioni da dove iniziano a prendere forma?
Io per la realizzazione un capo parto dai tessuti, quindi trascorro giornate nelle aziende con le quali collaboro a visionare e tastare con mano le tendenze delle stagione attuale e futura, per poi entrare nel mio mondo con il tessuto in mano e dare a qualcosa che rispecchi la mia anima e la mia idea di donna. Più banalmente mi viene da rispondere che l’arte per un creativo è il primo canale di ispirazione. Quando ancora non c’erano le restrizioni, grande fonte d’ispirazione per me era girare per musei; osservare quadri e opere d’arte arricchisce e, da appassionato di stampe, talvolta mi basta rimanere colpito da una in particolare, che subito inizio a chiedermi dove vorrei vederla.
Passiamo a parlare de Les Filles d’Eva , l’ultima creatura nata in casa Manzini Evandro. Raccontami del brand, c’è una persona che ti ha incoraggiato in questo tuo ultimo progetto lavorativo?
Attualmente ho due linee: la Matteo Manzini, una prima linea totalmente Made In italy, con un suo showroom, e propone dei pezzi caratterizzati da linee e tessuti di un certo livello; l’altra è Les Filles d’Eva, una capsule che punta alla fast sell. È basata sulla vendita online e, non avendo la cliente possibilità di prova del prodotto, anche i costi sono molto contenuti. Faccio un esempio, un total look, gonna + giacca, siamo intorno alle € 180. Les Filles d’Eva, pur essendo una seconda linea, rispecchia il mio gusto (naturalmente) e il mio stile. Non ti nego che c’è stato un lungo lavoro dietro la sua nascita, durato quasi un anno, attraverso il quale, complice il lockdown, ho fatto grande ricerca per trovare i tessuti ad hoc a un prezzo ragionevole, la produzione giusta, una distribuzione forte, valida ed efficiente, un site creator che riuscisse a dare vita a qualcosa di smart ed easy per chi non ha tempo di trascorrere ore davanti al pc per acquistare qualcosa. Ci tengo a sottolineare che le cose sbrigate in fretta e furia non garantiscono mai un ottimo risultato.
Ti seguo da anni e di te mi è sempre piaciuta l’innata spontaneità. Ho letto che l’idea de Les Filles d’Eva è nata intorno ad un tavolo parigino
Sì esatto, tutto nasce a Parigi durante la Fashion Week. Mi trovavo in uno showroom a vedere una linea di abbigliamento e stavo parlando con un’importante PR italiana che mi raccontava come la moda stesse aprendo le sue vedute. Il web, seguito dall’e-commerce e il dropshipping stavano prendendo sempre più piede e il fashion system, pian piano, si addentrava sempre più in questo ormai attuale settore. Lei cercava di spronarmi a fare qualcosa del genere, tutto mio, ma all’inizio non ero molto convinto, pensando non potesse rientrare nelle mie corde dato che necessito di vedere delle belle linee in sintonia con tessuti unici e di bella fattura. Al rientro in Italia, invece, complice il lockdown e di conseguenza lassi temporali grandi a tal punto da condurre alla noia, mi sono seduto e ho pensato che forse era il caso di lanciarsi, trascinandomi il know-how adottato nell’Alta Moda per poter creare una linea pret-à-porter, indossabile dalla mattina alla sera, che rispecchiasse lo stile di Matteo.
Ha giocato quindi il tuo essere riflessivo ma al tempo stesso spontaneo e amante delle nuove sfide. Qual è invece il tuo capo del cuore sia all’interno de Les Filles d’Eva che della Matteo Manzini?
Bhè, sono due abiti che ho fatto indossare entrambi alla mia Giulia (Salemi)! Per Les Filles d’Eva è senza dubbio l’abito con la stampa rose, un mio identificativo da sempre, caratterizzato da un’ampia scollatura a cuore che si accosta benissimo alle maniche a sbuffo e al drappeggio sulla gonna che valorizza le gambe. Si tratta di un abito semplice, ma al tempo stesso volevo fosse romantico e femminile. Nella Matteo Manzini sono legato all’abito Afrodite, che mi ha impegnato molto tempo nella ricerca di ogni suo singolo dettaglio. Il mio intento era quello di realizzare qualcosa che fosse perfetto su quasi ogni tipologia di corpo, disegnando qualcosa di calibrato senza eccessi. Afrodite ne è il risultato. Si presenta fluido, con un bustino che sostiene la parte superiore, dei drappeggi studiati meticolosamente. Grazie all’utilizzo del crêpe sfoderato, tessuto che amo molto, l’arricciatura sul fianco è molto morbida, donando all’abito un fitting corposo e leggero al tempo stesso.
Ci sono degli spoiler che puoi concederci su Les Filles d’Eva?
Posso dirti che sta per uscire la capsule estiva, ci siamo quasi. E arriveranno anche gli accessori a completare i total look. Preparatevi a vedere delle borse che faranno impazzire, ma anche foulard e scarpe perfette per la bella stagione, che speriamo si sbrighi ad arrivare.
Voglio indagare un po’ su ciò che pensi della moda di oggi. Si fa presto a parlare di moda, tutti indossano la qualunque pur di poter dire “seguo la moda”. In realtà, il vecchio e caro less is more secondo me vince sempre. Sotto il tuo punto di vista, quale fenomeno “moda” non ti piace, ad esempio zeppe, leggings, vita bassa?
In realtà no, perché ora si può fare tutto e il contrario di tutto. Io consiglio sempre, invece di seguire il trend, puntare a valorizzare la propria persona. Capisco che da investire ultimamente non c’è molto, le possibilità economiche sono cambiate, ma per quale motivo acquistare soltanto tute e felpe perché sono comfy e adatte per stare in casa, quando si possono spendere gli stessi soldi per qualcosa che sia allo stesso modo comodo ma che ci valorizzi? Io sono sempre stato dell’idea che la cosa che conta è far risaltare e far venir fuori al massimo la figura femminile, bisogna acquistare ciò che mostra la parte migliore di te. La giacca, mi viene in mente, è il capo must have per eccellenza, sia per l’uomo che per la donna. Ti permette di ricreare outfit casual ed eleganti, mai banali.
Prima di salutarti ci tengo a farti due domande più sul “personale” che sono sicura facciano piacere ai nostri fedelissimi lettori. So che hai due icone del passato a cui tieni, Cher e Sophia Loren. Il giorno e la notte. Cosa ammiri dell’una e dell’altra; e perché due personalità così distanti tra loro, secondo te, a distanza di anni, sono ancora sulla cresta dell’onda?
Sì esatto, le mie Sophia e Cher. Sophia ha rappresentato, e continua ancora oggi, la massima espressione di femminilità in tutte le età, da quando era giovane ad oggi che non lo è più, portandosi dietro quell’allure innata incantevole. Cher negli anni ha sempre amato sperimentare e, per un personaggio pubblico quale è, questo è di grande ispirazione per i creativi come me.
Dato il tuo legame con Giulia Salemi possiamo aspettarci una futura collab tra voi due?
Spero di sì, anche se ti rispondo guardando il presente. Esiste già una nostra collab ed è la linea di costumi di Giulia, la SMM-R Beachwear, da poco uscita sul mercato. Lei mi ha coinvolto in questo progetto sin da quando le è stato proposto, facendomi capire quali fossero le sue linee preferite e quelle che le stavano meglio indosso; poi, in seguito alla sua entrata nella casa (del Grande Fratello), ho seguito io tutte le fasi del prodotto. Il suo intento era quello di realizzare una linea di costumi per un fisico che non riesce a esser soddisfatto dalle proposte sul mercato; ecco perché all’interno della SMM-R Beachwear ci sono pezzi basici come l’intero Kim, ispirato a un modello in voga da anni di Wolford, che è anche uno dei pezzi must have dell’icona di Giulia, Kim Kardashian. Gli altri costumi della collezione sono frutto di una profonda ricerca tra i vari brand stranieri, abili nel soddisfare ogni fisicità abolendo quella fastidiosa sensazione di disagio che incombe nell’universo femminile.
Lettrici e lettori, in questi pensieri è racchiusa la filosofia che si cela dietro un mondo, quello di Matteo Manzoni Evandro, giovane designer che ringrazio infinitamente per la sua dolcezza e cortesia adottata. In bocca al lupo Matteo!
di Agnese Pasquinelli