Ama il cibo libanese, le giacche anni ’50 e davanti ad un piatto di spaghetti pomodoro e basilico non si trattiene. Stiamo parlando di Bruno Barbieri, il giudice pluristellato di Masterchef e uno degli chef più acclamati del nostro Paese, che ci ha raccontato delle sua arte, del suo nuovo ristorante a Bologna e dei suoi gusti in cucina, facendoci davvero venire l’acquolina in bocca!
I reality show di cucina al giorno d’oggi sono molto seguiti ed apprezzati anche, e forse soprattutto, da chi non è del settore. Che cosa pensa possano trasmettere al loro pubblico?
Il mondo di oggi è cambiato, e con esso anche la cucina, la televisione e, soprattutto, il pubblico, che è più informato e preparato. I reality show di cucina danno la possibilità a chi ha questo sogno nel cassetto di provare a realizzarlo, raccontando delle storie vere di gente comune. Inoltre, permettono a tanti piccoli produttori di arrivare ad un pubblico ampio e importante, come sicuramente è il mercato italiano, che, altrimenti, non avrebbero la forza di raggiungere. Senza dimenticare poi che i reality danno informazioni, svelano piccoli segreti e bizzarrie culinarie, ma soprattutto fanno conoscere la grande artigianalità gastronomica che appartiene, non solo a noi italiani, ma al mondo intero.
Con ben 7 stelle in carriera Michelin lei è uno dei più stellati chef nostrani. Qual è il segreto del successo per ottenere una delle tanto ambite stelle Michelin?
Le stelle Michelin sono sicuramente i premi Oscar del mondo culinario: ti cambiano la vita, ti portano al successo e ti fanno entrare nel panorama gastronomico mondiale. Non esiste un vero e proprio segreto per ottenerle, se non lavorare, non mollare mai, crederci, fare ricerca, girare per il mondo e confrontarsi. Ottenerle non è facile, bisogna investire molto su se stessi, sul locale e sui propri collaboratori, perché avere una grande squadra è indispensabile per conoscere e farsi conoscere. È richiesto davvero un grosso impegno, ma ricordiamolo, il successo non è mai facile o scontato.
Entriamo più nel personale: il piatto che preferisce cucinare e quello che, invece, preferisce mangiare.
Non ho alcun tipo di preferenze sia nel mangiare che nel preparare una ricetta; amo talmente tanto il mio lavoro che cerco sempre di raccontare chi sono attraverso il piatto che sto cucinando. Però devo ammettere che, da buon italiano, amo la pasta in tutte le sue sfaccettature, quindi, che sia con il pesce, con la carne o con le verdure, mi diverto sempre quando la cucino. E poi, di fronte ad un piatto di spaghetti pomodoro e basilico, non so proprio dire di no! Però devono essere fatti con pasta di Gragnano, pomodori pizzutelli, basilico ligure, olio extravergine di oliva umbro e un buon Parmigiano Reggiano (non troppo stagionato). Aiuto, ho già fame!
Dal momento che ha viaggiato molto e per tutto il mondo, qual è la cucina straniera che più l’ha colpita ed, eventualmente, influenzata?
Le cucine in giro per il mondo sono tutte bellissime e buonissime. Ognuna ha le proprie caratteristiche e leccornie: da quella peruviana fino a quella della Foresta Amazzonica, passando per l’israeliana e la francese. Ma quella che mi ha davvero colpito di più è la cucina libanese, un mix tra quella francese, inglese, italiana e araba: una meraviglia totale, creatasi grazie alle colonizzazioni del basso Mediterraneo. Resta il fatto che un ottimo baccalà portoghese, una bistecca americana, un fritto cinese oppure una buona zuppa giapponese sono comunque delle squisitezze, nonostante non abbiano a che fare con quel tipo di cucina! Mi sono già perso in giro per il mondo, credo proprio che non esista una cucina più buona dell’altra. Anche se c’è da dire che quella italiana racconta una bella storia…
Quali sono i personaggi più famosi o importanti per cui ha avuto l’occasione di cucinare?
Ce ne sono stati tanti, ma sicuramente i più importanti sono coloro che si ricordano delle mie ricette e dei miei piatti. Per me tutti sono famosi e tutti sono importanti, li voglio ricordare con un pensiero.
Ha da poco aperto Fourghetti, il suo Bistrot a Bologna. Da che idea di food parte questo ristorante?
Intanto sono felice che la domanda sia partita dalla parola Bistrot, ci tengo molto. Negli ultimi anni il mondo culinario è stato un po’ portato all’esasperazione, mentre invece al Fourghetti si può venire a mangiare anche senza essere laureati in scienze gastronomiche o scienze enologiche, e se non sai che cosa sia un rombo chiodato, non ti arresta nessuno! Quello che intendo è che nel mio Bistrot l’idea è quella di mangiare ad un bancone, socializzare con chi fa cucina e con chi ti serve da bere, farsi raccontare storie di cibo, di miscele, di aromi e di spiriti. Trovo tutto questo molto moderno.
Un’ultima curiosità: sappiamo che ama molto la moda e i vestiti; il capo di abbigliamento irrinunciabile nel suo guardaroba? Ed il marchio preferito?
Qui tocchiamo un tasto per me irrinunciabile: penso che la moda, il sentirsi bene dentro ad un abito, racconti la tua storia e quella di chi lo ha creato. Adoro molto gli accessori, i dettagli, i panciotti, le camicie bianche e quelle a righe. Inoltre amo indossare lo smoking per le serate importanti ma sdrammatizzandolo, magari con l’assenza di calze. Il mio capo preferito però sono le giacche con revers ampi, un po’ come nel cinema americano e inglese degli anni ’50. Il marchio che prediligo invece è Gabriele Pasini, che per me rappresenta la grande artigianalità della sartoria napoletana. È un maestro nella ricerca e cura del dettaglio, quasi in modo maniacale.
Un grazie speciale a Bruno Barbieri per la sua gentilezza e la sua simpatia!
di Gaia Lamperti