Valerio Di Benedetto: da Taxi Mon Amour al Festival di Venezia, un Viaggio tra Cinema e Amicizia

Valerio Di Benedetto per Gilt Magazine

di Martina Belotti

Valerio, sei protagonista maschile di Taxi Mon Amour, vuoi raccontarci la tua esperienza in questo film? Inoltre, è la tua prima volta al Festival di Venezia?

Questa è la mia seconda esperienza al Festival di Venezia. Due anni fa siamo stati presenti con il terzo film di Ciro De Caro, lo stesso regista di Taxi Mon Amour, con il film Giulia. Eravamo ospiti alle Giornate degli Autori nella sezione Notte Veneziane. Quest’anno, invece, siamo in concorso, e il film è stato accolto molto bene. Sono già uscite alcune recensioni che esaltano lo stile registico, narrativo e interpretativo del progetto, e ne siamo molto contenti. Uscirà nelle sale il 4 settembre, e ci crediamo tanto perché è un progetto a cui abbiamo lavorato con grande dedizione.

Com’è il tuo rapporto con Ciro De Caro? Come è nata la vostra collaborazione e cosa ti ha spinto a scegliere questa sceneggiatura?

Il rapporto con Ciro è nato tramite un’amica in comune, la sua ex fidanzata, che faceva teatro con me. Dopo una lezione, ci siamo promessi di vedere insieme le partite della Roma. Da quel momento è diventata una consuetudine: ogni domenica andavo a casa sua per vedere le partite. Così è nata l’idea di fare un corto, perché Ciro voleva sperimentare le nuove Canon che erano appena uscite, le prime fotocamere che registravano anche video in HD. Da quel corto è nato un sodalizio che dura ormai da oltre 15 anni. Sul set ci intendiamo al volo, non abbiamo bisogno di dirci molto. Lui mi lascia molta libertà e io controbilancio i suoi silenzi con domande. È un rapporto di amicizia che si è evoluto in una collaborazione lavorativa, e continua in modo sinergico, senza mai sovrapporre i due piani.

Cosa ti ha colpito della sceneggiatura quando l’hai letta per la prima volta?

Mi ha colpito l’unicità della storia e del suo linguaggio. Il personaggio che interpreto vive un conflitto interno molto forte, una costante ricerca di riconoscimento da parte della famiglia e dei suoi colleghi, ma senza mai ottenerlo. Questo crea un nervosismo sottile che mi ha affascinato sin dall’inizio. È un personaggio complesso, che trattiene molte emozioni e non riesce a esprimerle.

Ci puoi raccontare qualche aneddoto dal set?

Ci sono due scene, una all’inizio e una alla fine, che abbiamo girato lo stesso giorno. Si trattava di un pranzo di famiglia, una scena lunga e piena di sequenze. Ciro non cerca la perfezione tecnica, ma l’unicità del momento, quindi abbiamo rifatto la scena almeno 25 volte. Il mio personaggio, per via del suo nervosismo, tratteneva molte emozioni, e mi ricordo che avevo come props della frutta. Durante le riprese, ho finito per tagliare sette mandarini, riducendoli a pezzi. Alla fine della giornata, il tavolo era pieno di bucce di mandarino, pronte per la tombola di Capodanno! Questo è uno degli episodi più divertenti, anche se non è successo nulla di particolarmente esilarante.

Grazie Valerio per questa chiacchierata e in bocca al lupo per il film.

Grazie a voi, è stato un piacere!

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