Camaleontica, coraggiosa, femminista “ante litteram”. Milano rende omaggio al talento di Artemisia Gentileschi, la più celebre fra le pittrici del Seicento. Scopo principale della mostra, in scena a Palazzo Reale, “Artemisia Gentileschi – storia di una passione”, è quello di dimostrare le doti artistiche di questa grandissima pittrice. Roberto Contini, curatore della mostra a lei dedicata, definisce Artemisia come un’artista “camaleontica”, che cambia, nella sua pluralità di opere, temi e modi di dipingere, rendendo ciascuna di esse unica nel suo genere. Artemisia discendeva infatti da una vera e propria stirpe di talenti, i quali, hanno, nei suoi quadri d’esordio, un ombra permanente, soprattutto quella della grande figura del padre Orazio. Nel 600, Artemisia riscosse grandissimi successi, al punto che i più grandi del tempo le commissionarono opere. Fu amica di Galileo Galilei, fu ospitata dal cugino di Michelangelo Buonarroti a Firenze e da Cosimo II, è stata richiesta in Francia ed Inghilterra, ma dopo la sua morte le sue opere non furono apprezzate, dovette aspettare ben tre secoli prima che la sua capacità fosse compresa; infatti, soltanto nel secondo dopoguerra, per ragioni letterarie e non di merito artistico, venne riconosciuta come la regina del Barocco, la prima donna pittrice che meriti tale titolo. La vicenda predominante della vita di Artemisia, fu lo stupro subito da parte di Agostino Tassi, collega del padre, che nonostante l’enorme sofferenza le permise di tirare fuori la sua forte personalità e la sua grande passione. I personaggi delle opere sono ritratti in modo sensuale, come se nonostante il dolore, la pittrice voglia esprimere ancora la potenza dell’amore. Artemisia ha un modo particolare di raffigurare le donne, che appaiono vincenti, fiere, combattive. E’ un topos nei suoi quadri vedere donne che reggono teste mozzate di uomini, come se la sua ira per quello che le è stato fatto fosse stata immortalata nei suoi dipinti, come se quella fosse la sua vendetta. Sicuramente il quadro che più rappresenta la carriera artistica di Artemisia, quello che l’ha resa oggi famosa, è “La decapitazione di Oloferne” (Napoli), dove è raccontato il punto di vista di una donna, che non è necessariamente più delicato rispetto a quello di un uomo, dov’è racchiusa tutta la sua passione e tutta la sua infinita tenerezza. Basta entrare nella prima sala del Palazzo Reale, dove al centro vi è un enorme letto dalle lenzuola scomposte, che richiama un po’ il letto di Oloferne, con sopra tanti rotoli di pergamena con su scritto parti degli atti processuali di Artemisia contro il suo stupratore, per comprendere il temperamento forte dell’artista, che è diventata icona del femminismo, per aver avuto il coraggio di denunciare lo stupro subito. La mostra, racconta tutta la storia di Artemisia, in ordine cronologico, divisa in tutti i suoi principali momenti pittorici, da quando l’influenza del padre era evidente nelle sue opere, alla sua totale indipendenza dai suoi maestri durante il periodo in cui ha vissuto a Napoli, fino al momento della sua morte nel 1653, passando per il periodo fiorentino e il ritorno a Roma. La scenografia, particolarmente suggestiva, lascia, però, libero colui che osserva di emozionarsi liberamente, a qualsiasi quadro, senza confonderlo e indirizzarlo in luoghi dell’animo diversi da quelli che egli stesso sceglie.
Per info: http://www.mostrartemisia.it/
Vanna Mirra