Il marchio Cassina, storica realtà del Made in Italy, si presenta al Salone del Mobile 2016 con uno stand davvero speciale. La particolarità è data dalla struttura che vede l’utilizzo di setti murari forati e che, oltre a creare un effetto texture neutra, permette uno scambio tra gli ambienti mantenendoli uniti seppur separati.
L’azienda, sotto la guida del nuovo art director Patricia Urquiola, con tale esposizione vuole rendere omaggio anche al maestro Gerrit Thomas Rietveld, portando in scena sue icone rivisitate unite ad inedite creazioni.
Cassina ha potuto mantenere consacrati i pezzi storici, rivedendoli in chiave contemporanea per finiture o colori, e aggiungendo un nuovo tocco attraverso pezzi alternativi che mantengono fede alle linee guida della storica Maison d’arredo, che si prepara ai festeggiamenti per i 90 anni di attività.
Un esempio è la poltrona Utrecht del 1935 disegnata da Rietveld, in mostra con nuovi tessuti jacquard dell’artista olandese Bertjan Pot: disegni geometrici studiati su misura per esaltare le forme di un’ icona di stile intramontabile. Sempre di Rietveld è Black Red and Blue del 1918, a cui è stata abbinata la struttura tradizionale in faggio, un cuscino su sedile e schienale.
“Il futuro è una scelta” per Cassina, “tutto già esiste, ma si è consapevoli di un mutamento secondo il principio di continuità”. Con queste parole l’azienda riflette sui cambiamenti della società, come su quelli delle forme. Ecco che si accendono così nuove idee quali Gender, una poltrona avvolgente e flessibile data dall’incrocio di due sagome combinate tra loro da una serie di caratteristiche che fondono tradizione e modernità, e realizzata su disegno della direttrice artistica nonché progettista. Oppure Deadline di Ron Gilad, non solo uno specchio ma una vera narrazione di riflessi, o ancora Props di Konstantin Grcic, che propone complementi in lamiera di metallo versatili per la definizione degli spazi.
La spettacolarità di Cassina continua nello showroom di Via Durini a Milano; completamente ridisegnato, diviene ora un vero museo, tra un miscuglio di superfici e materiali che scaldano lo spazio.
di Silvia Fabris