Giardini di seta: in mostra i tessuti lariani

La Fondazione Antonio Ratti (FAR) propone presso la cornice del lago di Como la mostra Giardini di seta. Tessuti, abiti e botanica del territorio lariano, per celebrare in sinergia con le ambientazioni di storiche ville, affinità e sensazioni legate all’universo dei tessuti e della loro affascinante storia attraverso il nobile filo conduttore della seta.

Un percorso che si suddivide in due ville a poca distanza l’una dall’altra, Villa Sucota e Villa Bernasconi a Cernobbio, che, fino all’11 ottobre, si aprono ai visitatori con le loro bellezze naturali, per accordarsi delicatamente alle suggestioni delle creazioni setaiole che ospitano all’interno. L’obiettivo, è quello di offrire l’opportunità di conoscere, oppure di approfondire, la trama complessa delle influenze tessili con le loro tecniche nella storia della moda, fra figurini, abiti couture, pezze di tessuto, legature editoriali, fotografie, serigrafie e altri oggetti d’arte.

La Mostra, a cura di Margherita Rosina e Francina Chiara, è il luogo dove è narrato il rapporto tessuti-botanica dal Settecento ai giorni nostri, una focalizzazione sulla decorazione floreale declinata in undici ‘giardini’ tematici che dialogano con l’architettura.

Lo storytelling della mostra inizia nella stanza giardini di violette, citando la storia del dono di un mazzo di viole a Napoleone da parte di Joséphine Beauharnais al loro primo incontro, un fiore emblema di connotazioni positive e negative, espresse in un abito da sera con gros operato, stampato su ordito à disposition, con chiffon e merletto nero del 1898.

La seconda sala, dal nome giardini ruggenti, richiama attraverso manufatti d’archivio, il tema storico della comparazione tra le produzioni di Lione e di Como negli anni tra le due guerre mondiali, ed evoca similitudini stilistiche di quel periodo con il presente, esponendo un pannello di tessuto dell’abito creato da Jenny Packam per la Duchessa di Cambridge, in occasione della nascita di Charlotte, confezionato con un tessuto lariano dall’aspetto grafico dégradé, tipico degli anni Trenta, in grado di suggerire freschezza e movimento.

Nella sezione giardini romantici, glicini, lillà e rose decorano le sete di metà Ottocento. Sono suggestioni del periodo Romantico, dove la donna assume un aspetto che ricorda la morbidezza e la fragilità dei fiori; qui troviamo libri dalle copertine fiorite, abiti da ballo in damasco broccato moiré e taffettas dalla silhouette a corolla rovesciata, mentre tessuti antichi con fiori policromi, destinati a tappezzerie e opulenti mobili, rappresentano la trasformazione di Parigi del Secondo Impero.

Il percorso procede con la sinuosità e la leggerezza delle sete dai colori brillanti su abiti maschili e femminili del Settecento: robe à la française, marsine, banjan e sete broccate lionesi mescolate con scorci architettonici.

Una fase in cui la tessitura, condizionata dai limiti tecnici, trova l’espediente a Lione con Jean Revel nel 1735 con il point rentré, un sistema d’intreccio che sfuma i passaggi cromatici fra trame broccate usando una sorta di tratteggio, per donare effetti di naturalismo e di tridimensionalità a fiori, foglie e forme astratte.

La seconda parte, allestita presso Villa Bernasconi, dimora Art Nouveau al centro della ‘’Cittadella della seta’’, è dedicata ai tessuti del Novecento, secolo che segna lo sviluppo della produzione serica comasca; oggi in continua evoluzione e riconosciuta a livello mondiale, fornitrice della couture e del prêt à porter italiano e francese.

I tessuti sono accostati ad abiti dell’Alta Moda italiana e dell’Haute Couture parigina e la mostra prende il via con due abiti di tessuti comaschi ricoperti di cascate di foglie o fiori sul corpino, sono un abito scultura in charmeuse plissé di Capucci e un Ferrè del 1987.

L’esposizione continua nella sala giardini di frutta e verdura e gli anni Cinquanta, dove i tessuti hanno motivi d’ispirazione realistica di orti e di frutteti dalle palette vitaminiche, decori amati in particolare da Hubert de Givenchy, che omaggia nella collezione primavera/estate del 1953. Sono temi all-over di ciliegie, more, arance e uva, esposti insieme a figurini, carta prova e importanti cover come Vogue Paris, che hanno diffuso questa tipologia di stampato che ha condotto la moda di quegli anni.

La sala si accende di tonalità pop con Ken Scott, accreditato come ‘il giardiniere della moda’, con i suoi disegni vivaci di brillanti motivi della seconda metà degli anni Novanta, da quelli floreali, scelti per realizzare preziosi foulard in twill o utilizzati da Dior per alcune delle sue creazioni; a quelli che richiamano l’arte figurativa di vegetali e alimenti, per pattern con gigantesche fragole, zucchine o angurie.

Uno spazio tematico è legato alle erbe aromatiche, tra decorazioni di lavanda e rosmarino e la presentazione di un erbario, nel segno della rarità e dell’essenzialità.

Il percorso prosegue poi con temi tropicali e di giardini di rose, fiore dalle infinite varietà di sfumature che si presenta, leggero ma deciso, in abiti realizzati con sete comasche, da quelli di Yves Saint Laurent e Gianni Versace degli anni Ottanta a un Valentino di anni più recenti.

La mostra termina con un gran finale, attraverso due abiti di Christian Dior haute couture, capi in grado di creare sogni indossati solo in passerella o per importanti shooting, come l’abito di John Galliano della collezione autunno/inverno 2006, ispirato a un fatato mondo medioevale ma leggibile anche come un Chapeau de Napoleon capovolto, in faille, organza e seta pongé verde, costruito in 440 ore di lavoro.

 
di Cristina Rizzi

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