Ventiquattro ore e un solo strumento per misurarle, L’orologio.
E se vi dicessero che questo strumento ha una storia che va oltre le lancette e l’estetica?
Giovanni Sutti, dirigente della nota casa di orologeria Wintex, mi ha aperto le porte della storia più recente dell’orologio svelandone anche i lati più bui e i segreti.
Il primo aggettivo che si associa ad uno strumento che misura il tempo è la precisione, ma concretamente quanto ci serve la precisione?
Nel secondo dopoguerra, nello spasmodico tentativo di garantire la precisione costante agli orologi meccanici, è stato creato il movimento al quarzo, che garantisce precisione ed affidabilità costante; questo ha provocato gravi disagi psicologici ai maestri orologiai, che da numerose generazioni avevano ciecamente creduto nel movimento meccanico come unico strumento per misurare il tempo e per il quale si erano prodigati incessantemente per raggiungere una precisione sempre maggiore.
Raggiunta la precisione, questa diviene scontata e qui comincia la corsa alla difesa in proprio; in risposta alla giapponese Seiko, che aveva prodotto i primi orologi al quarzo a led rossi, la Girard Perregaux creò il proprio movimento al quarzo andando contro la tradizione svizzera radicata sull’idea dell’orologio meccanico, introducendo il motore passo a passo nel quartz per rimanere un degno concorrente della casa nipponica.
Il passaggio da maestro orologiaio meccanico a ingegnere elettronico per il quarzo ha segnato il superamento di quella che era la caratteristica principale che doveva soddisfare l’orologio meccanico.
Cosicché, la creatività della forma, la ricerca di nuovi materiali, i colori sono così divenuti più importanti della precisione e affidabilità, dettando nuovi canoni estetici, trasformando il ruolo primitivo dell’orologio a monile e accessorio dalle sembianze puramente estetiche.
Su questa geniale intuizione si basa il successo della Wintex, che fa quindici anni produce vere e proprie creazioni artistiche nelle quali viene sapientemente incastonato anche l’orologio.
di (Federica Luzzio)