Dall’ 8 febbraio al 25 maggio 2014, imperdibile la mostra “Il mito della Golden Age” che esporrà il capolavoro di Johannes Vermeer “La ragazza con l’orecchino di perla” con oltre quaranta opere degli artisti Olandesi che hanno reso celebre la pittura del Seicento tanto da farla passare alla storia come il Secolo d’Oro.
In occasione della chiusura per restauro del Mauritshuis Museum de l’Aja, uno dei tre musei più famosi al mondo, e’ stato organizzato un tour mondiale delle opere custoditevi che, eccezionalmente, dopo le mostre in Giappone e negli Stati Uniti, verranno ospitate al Palazzo Fava di Bologna.
Accanto al dipinto su tela di Vermeer “La Ragazza col Turbante”, si potranno ammirare un secondo Vermeer, Rembrandt, Frans Halt, Ter Borch, Claesz, Van Goyen, Van Honthorst, Hobbema, Van Ruisdael e Steen.
“La ragazza con l’orecchino di perla” non spinge solo il pubblico a code interminabili per vederla, ma gli storici d’arte ad un incessante interrogativo sulla sua identità.
Chi era la giovane dipinta da Vermeer? Una “tronia”, come sostengono molti studiosi? La figlia di Vermeer? O forse, come vuole l’immaginario dei suoi ammiratori, era la sguattera di famiglia che, con la sua espressione languida ed ammaliante, fece innamorare l’artista tanto da ritrarla rendendola celebre nei secoli. Quest’ultima tesi sarà la prescelta dai suoi estimatori tanto da ispirare la scrittura di un libro e poi di un film sull’opera stessa.
La vera identità della modella non si sa e probabilmente non si saprà mai poiché l’artista, con la sua morte, lasciò poche informazioni sia su di se’ che sulle sue opere. Forse alcuni di noi preferiscono non saperla perché tale realtà distruggerebbe i miti senza lasciare spazio alla fantasia.
Non esisterebbero le grandi opere se non ci fosse l’immaginazione della mente umana. L’occhio dell’essere umano ha l’illusione di vedere l’intera perla della ragazza col turbante, quando si tratta, invece, di una tecnica di pittura costituita da solo due pennellate a forma di goccia, l’una separata dall’altra.
Una cosa e’ certa, nel XVII secolo le perle che venivano importate dall’estremo oriente, erano una preziosa rarità come, al tempo stesso, il monile della giovane costituiva una prerogativa delle donne aristocratiche dell’alta borghesia.
Dovremmo forse accontentarci di ciò che comunica l’opera così come la vediamo, più che della veridicità delle intenzioni dell’artista, ed imparare da ciò che ci ha trasmesso il più celebre capolavoro di Vermeer…giocare con l’immagine di se’, per rinnovarsi ed esprimere diverse parti di se’ o del non se‘, dimenticarsi per un attimo della propria identità, fingendo che il mondo non possa comprenderla, impedendogli solo così di catturare la propria anima per poi farne la prigioniera della verità oggettiva, per non smettere mai di godere della libertà personale, di essere e di apparire.
di (Valentina Dalla Costa)