Bellezza, forza e fragilità in opere immortali
L’arte da sempre ritrae vizi e virtù degli esseri umani rendendoli immortali. Dipinti come La nascita di Venere – opera di Sandro Botticelli – rendono omaggio al fascino femminile, mentre altri capolavori celebrano quella maschile.
Il David di Michelangelo è l’opera che più di ogni altra evoca il perfetto ideale di bellezza maschile, e lo raffigura in una statua di marmo dalle fattezze così suggestive da aver scatenato più di un caso di sindrome di Stendhal. Michelangelo Buonarroti prese l’ispirazione dall’episodio biblico dello scontro tra il filisteo Golia e il re giudeo Davide, e decise di ritrarlo prima del combattimento. L’eroe biblico, scolpito senza vestiti, incarna i valori della forza e del coraggio spirituali. La statua è conservata nella Galleria dell’Accademia di Firenze.
Un’altra nota raffigurazione di prestanza maschile è rappresentata dai Bronzi di Riace, due statue in bronzo ospitate presso il Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria e riconosciute come capolavori dell’arte greca. In questo caso si tratta di due figure maschili in età matura, ma comunque immortalati in una nudità eroica e una posa vittoriosa. Secondo le ipotesi più accreditate i Bronzi rappresentano due atleti o due guerrieri.
Ogni uomo però deve anche confrontarsi con aspetti che travalicano la bellezza e la prestanza. Ovvero quelle sensazioni di smarrimento, paura e angoscia che Edvard Munch ha impresso su tela prendendo ispirazione da un frangente di vissuto personale. L’urlo (o Il grido) è il ritratto di un’esperienza autobiografica vissuta dal pittore mentre passeggiava insieme a due amici, rinvenibili nelle due figure in secondo piano. L’artista ha vividamente raccontato nel suo diario quello che ha vissuto: “i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”.
di (Fabiana Mazzariello)