“I miei quadri, finiti o no, sono le pagine del mio diario e sono validi in quanto tali. Il futuro sceglierà le pagine che preferirà. Non spetta a me di farlo. Io ho sempre operato per il presente”. Così parlava Pablo Picasso , il più grande artista del Novecento, o forse l’incarnazione stessa del Novecento. Questo secolo di creazione e distruzione, di odio e amore, di collettività e di solitudine. Picasso racconta la sua storia e con essa la storia del suo tempo.
Palazzo Reale celebra non solo la figura del grande artista, ma l’influenza che questi ha avuto su tutto lo scorso secolo e parte di quello che stiamo vivendo. La mostra ripropone, rivisitandola, la celebre esposizione di Picasso del 1953, che ebbe luogo sempre a Palazzo Reale, in una Milano che si stava risollevando dalle macerie dei bombardamenti e dalle cicatrici di un conflitto mondiale. Allora l’esposizione fu una vera e propria boccata di aria fresca e diede ispirazione ai movimenti artistici e culturali italiani che seguirono; Picasso e le sue opere si ponevano, infatti, come modello di rinascita dopo un periodo di chiusura e distruzione.
Nella mostra del 1953 , l’artista fu personalmente coinvolto: inviò personalmente alcune opere inedite e fece persino arrivare, direttamente da New York, l’opera più maestosa della sua carriera: “Guernica”.
Oggi, il palazzo nel cuore di Milano non può vantare la stessa nobile presenza, ma una stanza dell’esposizione è interamente dedicata a questo fantasma in bianco e nero. E il Guernica stesso è fantasma della guerra, dell’Europa, dell’uomo che si dissolve, si disintegra davanti alle follie della guerra. Sappiamo, però, che Picasso è scaltramente contraddittorio: non c’è distruzione senza creazione, ed ecco che tra le macerie di Guernica spunta un fiore.
La mostra accompagna in un percorso lineare l’opera dell’artista, dal realismo blu e solitario, al razionale cubismo, fino al surrealismo. Ciò che emerge è la sua tanto decantata ossessione per le donne, che ritrae in mille sfaccettature, sfumature, catturandole o sfiorandole. La vita dell’artista è costellata di donne, e tutte hanno a che fare con la sua arte: per citarne una, Dora Marr, colei che documentò con le sue fotografie l’opera in itinere di Guernica. E poi Marie-Thérèse, Eva, Olga, Jaqueline: tutte sono riconoscibili e i tratti sono talmente espliciti da rendere inconfondibili i riferimenti a ognuna di loro. Le donne di Picasso sono amate, odiate, sfigurate, elaborate, elogiate, distrutte, ricomposte.
È con questo spirito, tra ricordi e speranze per il futuro, che Milano accoglie Picasso, perché sia un monito nel 2012 come lo è stato nel 1953.
Perché dalla distruzione nasca sempre un fiore.
(di Sara Todeschini)