Un evento di punta
Race Traiter racconta la carriera di Adrian Piper, artista vincitrice del Leone d’Oro come Miglior Artista alla Biennale di Venezia nel 2015. Vengono messe in mostra più di cento opere quali fotografie, dipinti, installazioni, disegni, video che rappresentano l’accurata analisi dell’artista di alcune tematiche specifiche come il razzismo. Il fulcro della sua attività artistica è appunto la lotta contro razzismo, ingiustizia e xenofobia. Le sue opere parlano anche di sé, del sessismo e della misoginia che ha subito.
Il percorso inedito
La mostra si apre con la sezione degli LSD paintings, una testimonianza del guardare oltre la superficie delle cose, osservandole e studiandole nel dettaglio, a fondo. Tra questi lavori spicca LSD Self-Portrait from the Inside Out. Seguono altre opere come Five Unrelated Time Pieces, Untitled performance at Max’s Kansas City, le Catalysis; poi ancora, Some Reflected Surfaces, che esprime l’importanza della danza e l’influenza di quest’ultima nel suo lavoro artistico, e Art for the Art World Surface Pattern, che fa riferimento alla politica.
Tra i lavori più recenti, l’installazione Das Ding-an-sich bin ics, in cui Adrian Piper si ispira al noumeno e più in generale al pensiero kantiano e alla filosofia, e chiaramente Race Traitor, che dà il titolo alla mostra e propone il suo ritratto sovrapponendolo ad alcune frasi: si fa ironia su come l’aspetto fisico possa definire l’identità di una persona. Non si parla dunque solo della sua posizione antirazzista, bensì anche di arte, filosofia e della condizione umana.