David Bowie, Kate Moss, Robert Downey Jr, le Spice Girls. Ma anche Madonna, i Rolling Stones e Tony Blair. Addirittura la Regina Elisabetta II. Sembra che non ci sia celebrità, artista o personalità di rilievo mondiale che Rankin non abbia catturato col suo obiettivo. E per rimanere fedele alla sua fama di visionario e precursore dei tempi, dal 18 ottobre 2019 al 24 febbraio 2020 il fotografo britannico approda a Milano con un progetto temerario: trasformare la galleria 29 ARTS IN PROGRESS in un’esposizione in continua metamorfosi, con le opere e le installazioni che cambiano e si evolvono al passo con la città.
Rankin – From Portraiture to Fashion
Rankin non porta in Italia solo le sue opere più rilevanti o quelle più attuali, ma propone un concetto di mostra fotografica in linea con la velocità degli odierni mezzi di comunicazione. Alla galleria 29 ARTS IN PROGRESS, i ritratti e gli allestimenti cambieranno infatti insieme agli avvenimenti del capoluogo meneghino, tenendo il passo di eventi come il Vogue Photo Festival e il Milano Film Festival di novembre, o la Milano Fashion Week di febbraio.
From Portraiture to Fashion porrà dunque su Milano la corona di regina dei cambi di tendenza, il luogo che Rankin sembra reputare più adatto a catturare la caleidoscopica velocità della moda. Nelle sue stesse parole: “Non sono una persona che fugge di fronte alle sfide, quindi questa è per me una grande opportunità su innumerevoli fronti: mostrare alcuni tra i miei lavori migliori, partecipare a eventi interessanti e diventare davvero parte del tessuto culturale di questa città.”
Il mondo secondo Rankin
Non è la prima volta che Rankin prova a dare nuova forma ad un modo di esprimere l’arte e la cultura. Il suo primo successo si chiama infatti Dazed & Confused (oggi solo Dazed), rivista da lui fondata insieme a Jefferson Hack nel 1991 e da allora divenuta simbolo dei creativi ribelli e della moda intesa come espressione di sé senza filtri. Basti pensare che le copertine di Dazed sono state fra le prime ad ospitare persone con disabilità vestite da icone della moda come Alexander McQueen (1998), ma anche modelle e modelli transgender (2016) o celebrità e persone affette da cancro al seno (2000).
Sfogliando i lavori di Rankin, non si può rimanere impassibili di fronte alla sfrontatezza di certi suoi ritratti (come lo scatto di Hugh Grant ritratto insieme ad un manichino femminile, riferimento non troppo velato all’affaire scandaloso dell’attore con una prostituta), ma anche alla bellezza senza compromessi che sembra emanare dai suoi soggetti. Per Rankin, moda e società paiono fondersi a stranezze ed eccessi, in una continua metafora a volte pop, a volte inquietante. Ma sempre celebrativa di una creatività umana in eterna evoluzione.
di Martina Faralli